Scandalo via Brenta: ridotta in Appello la condanna per Giuseppe Naccarelli


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Confermata anche in Appello, sebbene con una riduzione di pena, la sentenza di condanna per Giuseppe Naccarelli, nell'ambito della vicenda di "Via Brenta". L'ex dirigente del servizio finanziario del Comune di Lecce, difeso dagli avvocati Stefano De Francesco e Francesco De Iaco è stato condannato a 2 anni e 3 mesi per il reato di falso (il pg D'Amato aveva chiesto 3 anni, come in primo grado), poiché per alcuni episodi relativi a questa ipotesi di reato, l'imputato è stato prosciolto dall'accusa. È stata anche annullata per Naccarelli, l'interdizione per cinque anni dai pubblici uffici. La Corte d'Appello presieduta da Vincenzo Scardia ha poi accolto la richiesta di risarcimento formulata dal Comune di Lecce, mentre ha rigettato quella della SelmaBipiemme, condannando quest'ultima al pagamento delle spese processuali.

Ricordiamo che nella sentenza di primo grado, del 20 maggio 2013, il giudice Stefano Sernia, condannò Naccarelli a tre anni (per il reato di falso) e stabilì l’interdizione dai pubblici uffici per cinque. Furono assolti dallo stesso reato, invece, Piergiorgio Solombrino , ex dirigente dell'ufficio tecnico e Roberto Brunetti, tecnico dell'ufficio Patrimonio di Palazzo Carafa. Durante quell'udienza si assistette poi ad un colpo di scena. Il giudice evidenziò come un altro reato, quello di truffa, contestato dalla pubblica accusa, non fosse configurabile, riqualificandolo in concorso in abuso d’ufficio e peculato. Per esso, non era competente il tribunale monocratico ma quello collegiale.

Secondo il giudice Sernia, infatti, non era possibile che Giuseppe Naccarelli, ex dirigente del servizio finanziario del Comune di Lecce, avesse agito all’insaputa dell’ex primo cittadino. Fu così istruito un nuovo processo con un personaggio illustre dell’amministrazione comunale leccese: lex sindaco Adriana sindaco Poli Bortone ma anche, oltre allo stesso Naccarelli: Massimo Buonerba, l'ex consulente legale della Poli; Ennio De Leo, ex assessore al Bilancio del Comune di Lecce, Pietro Guagnano, legale rappresentante della Socoge; Maurizio Ricercato e Fabio Mungai, rispettivamente amministratore delegato e dirigente della Selmabipiemme e Vincenzo Gallo, funzionario della stessa.

Nell'udienza del 10 luglio , il collegio della seconda sezione penale di Lecce (Presidente Pasquale Sansonetti, a latere Michele Toriello) si è riservato sulla richiesta di trasferire listruttoria a Milano, dove secondo la difesa, si sarebbe consumato il reato di abuso d’ufficio e non di peculato, così come invece contestato nel capo d’imputazione. Nel corso di questa prima udienza poi, i giudici hanno accolto la costituzione di parte civile di Comune di Lecce, difensore Andrea Sambati e della Selmabipiemme.

La vicenda giudiziaria fa riferimento ai fatti iniziati nel 2006, quando il Comune di Lecce acquistò, presumibilmente in "leasing", due immobili di Via Brenta, "trasformando" un'iniziale contratto di affitto, in uno di leasing, impegnandosi a versare un canone di due milioni e mezzo l’anno per oltre venti anni e una cifra di 14 milioni per il riscatto finale dei due immobili. Secondo l’accusa, quella operazione fu chiusa a un prezzo superiore rispetto a quello di mercato, a tutto vantaggio del costruttore edile Pietro Guagnano, titolare della Socoge (dalle indagini risulterebbe che egli si trovasse in condizioni economiche precarie) e del venditore, la finanziaria milanese SelmaBipiemme. Il burattinaio che muoveva i fili della vicenda, sarebbe stato sempre secondo l'accusa, Buonerba con il beneplacito dell'ex primo cittadino di Lecce, on. Poli Bortone. Il danno subito dal Comune di Lecce per questa operazione sarebbe stato di tre milioni e 401mila euro.