Presunti abusi edilizi a Porto Miggiano, condanna per sei imputati. Quattro le assoluzioni


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Si conclude con la condanna di sei imputati e quattro assoluzioni, il processo per i presunti abusi edilizi a Porto Miggiano, una delle località più suggestive della costa adriatica.

Le decisioni del Giudice

Il giudice monocratico Pasquale Sansonetti della seconda sezione penale, ha inflitto una serie di contravvenzioni: 10 mesi di arresto per: il direttore dei lavori Daniele Serio, 52, di Lecce, l’amministratore della Cem (esecutrice dei lavori); il dirigente del settore Lavori pubblici del Comune di Santa Cesarea Salvatore Bleve, 61 anni, di Santa Cesarea Terme; i progettisti Antonio De Fazio, 65enne, di Bologna eFrancesco Leo, incaricato della progettazione dell’opera. Il giudice ha anche disposto un’ammenda di 35mila euro.

Condanna a  7 mesi di arresto e 25mila euro di ammenda per Maria Grazia Doriano, 37 anni, di Vico Equense. Infine, inflitti 8 mesi di reclusione per l’architetto Francesca Pisano, 48, di Tricase, nel ruolo di collaudatore dell’opera. Il giudice Sansonetti inoltre ha disposto la sospensione della pena, subordinata “alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi, entro 180 giorni dalla irrevocabilità della sentenza”. Non solo anche il dissequestro dell’area, allo scopo di metterla in sicurezza.

Inoltre, il giudice ha disposto oltre al risarcimento del danno in separata sede, anche una provvisionale di 100mila euro, in favore del Ministero dell’Ambiente e di 20mila euro per “l’Associazione Culturale Biblioteca di Sarajevo” costituitisi parte civile nel processo.

Le assoluzioni

Il Tribunale di Lecce ha invece assolto “perché il fatto non costituisce reato”, l’ex sindaco di Santa Cesarea Terme, Daniele Cretì, 51enne del posto; i progettisti Mario Rotolo, 61enne di Monopoli e Giovanni Bosco, 59 anni, di Palermo.

Invece, assolto per non aver commesso il fatto, il funzionario dell’Ufficio Struttura tecnica regionale periferica, Luigi Stanca, 56 anni, di Soleto (come già richiesto dalla Procura).

Il collegio difensivo è composto, tra gli altri, dagli avvocati Stefano De Francesco, Luigi Rella, Francesco Galluccio Mezio.

La tesi dell’accusa

Nell’udienza del 25 settembre scorso, il Procuratore Aggiunto Elsa Valeria Mignone ha sostenuto: “Bisogna fermare questo disastro ambientale e il crollo della falesia”, in merito ai presunti danni ambientali.Il pm ha aggiunto che “è stata privilegiata una maggiore fruibilità del territorio e ricettività con maggiore pericolosità, per i bagnanti” e inoltre “è stato deturpato irrimediabilmente un monumento naturale“.

Le accuse, a vario titolo, sono quelle di “illegittimità del permesso di costruire”, “distruzione e deturpamento delle bellezze naturali” e “falso ideologico in atto pubblico” (soltanto per Francesca Pisano). Già prima del processo odierno, era stata stralciata la posizione di Lucia Di Lauro, funzionaria dell’Ufficio Struttura tecnica regionale periferica, per la quale era stata chiesta l’archiviazione.

I vari reati sarebbero stato compiuti in una zona sottoposta a molteplici vincoli, essendo l’area inserita nel Sic Otranto-Santa Maria di Leuca, dell’Important Bird Areas 147 e del Parco regionale Otranto-Bosco di Tricase.

I consulenti della Procura, Dino Borri e Giuseppe Tommasicchio, hanno rilevato nel corso delle indagini preliminari, varie irregolarità. I lavori eseguiti a Porto Miggiano con tre milioni di euro di fondi pubblici, tra cui una diga marittima, per la messa in sicurezza del costone roccioso e per creare una piattaforma destinata ai bagnanti, sarebbero stati, solo sulla carta secondo i magistrati inquirenti Elsa Valeria Mignone e Antonio Negro, indirizzati a questa finalità, poiché avrebbero avuto un effetto contrario.

Gli imputati, a vario titolo ed in diversa misura, inoltre, si sarebbero adoperati per realizzare “una rozza spianata” all’apparenza da adibire a parcheggio sul terrazzo, sovrastante la discesa a mare. Tutti questi interventi fortemente impattanti, sarebbero stati effettuati, secondo l’accusa, senza interpellare l’Ufficio Demanio della Capitaneria di Porto di Gallipoli e in assenza del nulla-osta rilasciato dalle Autorità preposte al vincolo.