A fine gennaio, aveva conquistato gli onori della cronaca locale, il cartello che invitava a bussare o a telefonare al numero di cellulare indicato poiché il campanello non era funzionante. Il foglio con tanto di firma era stato affisso sul citofono della propria abitazione da un detenuto ai domiciliari. Peccato che quando i carabinieri hanno composto il numero scritto nero su bianco, dopo aver battuto alla porta invano, il 36enne ha dovuto ammettere, quasi candidamente, di essere a pranzo a casa della nonna, a circa tre chilometri di distanza. E per questo, non trovandosi nel posto pressu cui doveva scontare la misura cautelare, è stato nuovamente arrestato.
A distanza di circa un mese un’altra storia simile è accaduta a Leverano. Nel primo pomeriggio di ieri, infatti, i carabinieri della stazione locale hanno arrestato in flagranza di reato per evasione Antonio Boris Arcati, 36enne del posto, sottoposto alla misura degli arresi domiciliari presso la propria abitazione. E lì doveva rimanere.
Quando gli uomini in divisa si sono presentati alla sua porta, invece, l'uomo non si trovava in casa sua, ma in un’altro luogo distante soltanto pochi metri. I militari, infatti, lo hanno sorpreso come se nulla fosse.
Come accade sempre in questi casi, quindi, anche per Arcati, volto già noto alle forze dell’ordine si sono aperte le porte del carcere di Borgo San Nicola dove è stato trasferito poco dopo.
Processato per direttissima nella giornata di oggi, però, Antonio Boris Arcati, difeso dall'avvocato Cosimo D'Agostino, è stato assolto. Il posto presso cui si trovava l'uomo al momento dell'arrivo degli uomini dell'Arma dei Carabinieri, infatti, altro non era che il garage di pertinenza dell'abitazione familiare facente parte della proprietà presso cui doveva scontare la misura degli arresti domiciliari.