La Procura “presenta il conto” ai sei imputati del processo sul tentato omicidio, nel pieno centro di Nardò, del maggio di due anni fa.
Nella tarda mattinata di oggi, dinanzi ai giudici della prima sezione penale (Presidente Gabriele Perna), il pubblico ministero Stefania Mininni ha tenuto un’articolata requisitoria, nel corso della quale ha sottolineato il muro di omertà con cui si è dovuta scontrare durante le indagini, “rotto” solo grazie alle dichiarazioni della vittima di una tentata estorsione. Il pm ha concluso, invocando: 24 anni per Francesco Russo, 65 anni, 12 anni per il figlio Giampiero Russo, 28 anni; 10 anni nei confronti di Giuseppe Calignano, 28enne tutti di Nardò; 30 anni ad Angelo Caci, 48 anni detto “Zio Angelo”, originario di Gela, ma residente a Novara; 10 anni per Rocco Falsaperla, 45enne di Gallarate; 4 anni per Evilys Pimentel Roque, 45enne di origini cubane, ma residente a Villa Convento.
Successivamente, si sono svolte le arringhe difensive dei legali di tutti gli imputati. Sono assistiti dagli avvocati Alberto Paperi, Francesca Conte, Giuseppe Corleto, Tommaso Valente, Luigi Corvaglia, David Dell’Atti, Stefano Pati, Francesco Risi e Davide Vitali
Il collegio giudicante ha aggiornato il processo al prossimo 23 aprile per le eventuali “repliche” e la sentenza.
Invece, in una precedente udienza, è stato ascoltato come teste del pubblico ministero, la vittima. La dr.ssa Mininni ha chiesto anzitutto a Gianni Calignano se conoscesse gli autori dell’agguato a colpi di pistola. Il 28enne di Nardò, incalzato dalle domande del pm, ha dichiarato di non sapere chi gli avesse sparato. Inoltre, ha affermato di non ritenere responsabili dell’attentato, gli odierni imputati. Non solo, Calignano ha negato aver visto gli autori del tentato omicidio, poiché, secondo lui, sarebbe stato sparato da dietro, e non frontalmente. Dunque, non avrebbe avuto modo di vedere in faccia l’attentatore. Ad ogni modo, il pm potrebbe chiedere di procedere, nei confronti di Calignano, per “falsa testimonianza”.
L’episodio principale dell’inchiesta, è proprio l’agguato del 16 maggio del 2016 ai danni di Gianni Calignano, raggiunto da un colpo d’arma da fuoco in pieno centro a Nardò. Il 28enne si sarebbe intromesso in dinamiche estorsive che non lo includevano, nel ruolo di “protettore”.
Le accuse
Francesco Russo e Angelo Caci rispondono delle ipotesi di reato di “tentato omicidio in concorso aggravato dalle modalità mafiose” e di “detenzione abusiva di arma da fuoco”. Invece tutti gli imputati (ad esclusione della 44enne cubana) devono difendersi dall’accusa di “tentata estorsione continuata in concorso e aggravata dalle modalità mafiose”. La sola Evilys Pimentel Roque risponde di favoreggiamento personale per aver aiutato i due Russo e Caci a sfuggire alla cattura dopo l’attentato a Calignano.
Le indagini sono state condotte dai carabinieri del nucleo investigativo di Lecce, assieme ai colleghi di Nardò e Gallipoli.