Truffa ai danni di una senegalese? L’avvocato D’Agata non tornerà in carcere, ma resterà ai domiciliari


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L’avvocato Francesco D’Agata non tornerà in carcere, ma rimarrà agli arresti domiciliari.  Il Riesame ha confermato il pronunciamento della Cassazione. Infatti, gli “ermellini” avevano  accolto il ricorso dei difensori di Francesco D’Agata e annullato con rinvio l’ordinanza del Riesame che disponeva il ritorno in carcere per l’avvocato leccese, ma con sospensione del provvedimento. La “palla” è dunque tornata ai giudici del Tribunale del Riesame. Essi hanno stabilito che Il 39enne leccese resterà ai domiciliari, dopo la decisione del gip Cinzia Vergine.I suoi legali, gli avvocati Luigi e Roberto Rella, nel corso della discussione in aula tenutasi ieri mattina, hanno evidenziato anzitutto come sia venuta meno l’esigenza cautelare. Inoltre, non ci sarebbe più rischio di reiterazione del reato o il pericolo di fuga.

Intanto, ricordiamo che l’avvocato Francesco D’Agata è finito sotto processo per la presunta truffa ai danni di una donna senegalese, corredata da una falsa sentenza. La Procura leccese ha chiesto ed ottenuto il giudizio immediato nei suoi confronti.

Il 39enne leccese è figlio di Giovanni D’Agata, presidente dello ‘Sportello dei Diritti’, di cui anche lui era un importante referente. Francesco D’Agata  venne arrestato nell’ottobre scorso e poi sospeso per un anno dall’attività forense. Egli risponde delle accuse di truffa aggravata e continuata, falso in atto pubblico e patrocinio infedele aggravato, auto-riciclaggio.

Non è stato facile ricostruire il sistema architettato, di cui D’Agata sarebbe stato il deus ex machina, ma quando i tasselli del puzzle sono stati messi al giusto posto, il quadro è stato chiaro per gli uomini delle fiamme gialle coordinati dal colonnello Francesco Mazzotta. La donna senegalese aveva subito un gravissimo incidente stradale in cui era rimasta sfigurata e si era rivolta a D’Agata per ottenere un risarcimento forte della sua notorietà in difesa dei diritti dei più deboli. E il risarcimento, in effetti, l’avvocato lo aveva ottenuto: più di 600mila euro dal Fondo Vittime della Strada. Di tutti quei soldi, la signora ne ha visti soltanto “la metà della metà” come ha dichiarato Motta. Il legale, infatti, falsificando una sentenza del Tribunale di Trieste, competente a liquidare il risarcimento, aveva convinto la senegalese di aver ottenuto “appena” 300mila euro, di cui l’avvocato ne avrebbe trattenuti circa140mila, liquidando alla donna di fatto 160mila euro. Gli altri – transitati su un conto intestato alla straniera –  D’Agata li avrebbe utilizzati sia per sfizi personali come l’abbonamento in uno stabilimento balneare, ma anche per pagare gli stipendi dei suoi collaboratori.

L’inchiesta sarebbe nata da un IBAN “sospetto” su cui una donna originaria di Torino -che aveva fatto ricorso in Cassazione in realtà mai depositato- aveva versato 4mila euro ( era intestato alla signora senegalese, vittima inconsapevole della maxi-truffa organizzata da D’Agata).