Chissà quale speciale ricordo conservino i tanti nipotini – ormai piuttosto grandicelli – che ebbero da piccoli la fortuna di ascoltare racconti sugli eventi della Prima Guerra Mondiale dai propri nonni-soldato. A stenti, oggigiorno, qualche arzillo anziano potrà dirci qualcosa relativamente al secondo conflitto. Delle testimonianze dirette che, purtroppo, non esistono più. O che comunque progressivamente stanno sparendo. Il tempo passa e, con esso, pure la vita dei protagonisti del passato bellico. Ragion per cui, celebrare degnamente manifestazioni come la Festa dell’Unità Nazionale e la Giornata delle Forze Armate serve a mantenere vivi quei frammenti di memoria perduti. Svaniti nel nulla, seppelliti assieme a divise e munizioni. Rimangono però le medaglie al valore. Rimangono anche manifestazioni tipo quella avvenuta stamattina, presso il Monumento dei Caduti situato in Piazza Italia, a Lecce, tese onorare i militari caduti durante la Grande Guerra.
I bambini e gli studenti delle scuole cittadine stavano depositando alcuni papaveri rossi ai piedi del Monumento. Poi, alle 11.15 – e al termine della messa tenutasi al sacrario dei caduti del cimitero leccese – l’alzabandiera, la deposizione di corone e la lettura del Bollettino della Vittoria delle ostilità iniziate, per la nostra nazione, nel 1915. «Un’iniziativa significativa – ha commentato il sindaco Paolo Perrone – per riannodare il filo della memoria e trasmettere valori importanti alle nuove generazioni». Pochi minuti dopo, alle ore 12.00, una sorpresa per i passanti di piazza Sant’Oronzo. La voce di Tito Schipa cantava le note del Sordato ‘Nnamurato, brano interpretato dal famoso tenore leccese proprio nel 1915.
«Oggi è legato il ricordo a tutti i caduti nella prima guerra del nostro territorio. Per chi con spirito di sacrificio e amore patriottico ha combattuto, perdendo la vita nel segno di ideali come uguaglianza e democrazia», così il Prefetto Claudio Palomba, che nel suo discorso al pubblico sottolinea in particolare due tratti dell’Inno di Mameli: “Stringiamoci a corte siam pronti alla morte, l’Italia chiamò” e “Fratelli d’Italia, l’Italia s’è desta”. «Proprio queste frasi richiamano un senso di unione e risveglio – prosegue – accezioni che devono animare tutti quanti noi in un periodo difficile. Con questi sentimenti di condivisione e partecipazione si animano le Forze Armate che ogni giorno hanno fatto sì che fossimo riusciti a raggiungere la libertà. Auspici che dobbiamo rappresentare a voi giovani. Bellissimo il lavoro che state compiendo in questi giorni. Grazie a manifestazioni di tale tipo riusciamo a combattere la diseguaglianza e l’illegalità».
«Quest’anno la festa del 4 novembre – conclude – si arricchisce dei cento anni passati dalla Grande Guerra. Grande come gli sforzi e il numero di soldati impiegati. Stiamo celebrando l’evento sul territorio in maniera encomiabile. Le amministrazioni, su invito del Presidente del Consiglio, hanno avviato un percorso elaborato che vede impegnate le scuole». Non a caso, dalle 8.30 e fino alle 16.30 , alla scuola di Cavelleria della “Caserma Zappalà” si potrà ammirare la mostra “Cento anni fa..la Grande Guerra”, realizzata a cura degli studenti che hanno partecipato al laboratorio per il recupero e la valorizzazione dei cimeli e ricordi. Addirittura, ieri, in Provincia di Lecce è stato presentato un albo d’oro dei salentini deceduti.
Ed è proprio il Comandante della Scuola di Cavalleria, Fulvio Poli, a prender parola, cogliendo l’occasione per ringraziare i cittadini dell’accoglienza riservatagli:«Vorrei condividere con voi un altro 4 novembre, quel del 1968. Io avevo due anni, nove mesi e dieci giorni. Me lo ricordo bene perché mio nonno, vecchio soldato, volle che io lo seguissi a una celebrazione come questa. Ero piccolino, ma tutto è nitido nella mia memoria. C’erano tanti vecchi soldati. Ma adesso non ce ne sono più. Li abbiamo perduti tutti i reduci dalla Prima Guerra Mondiale. Le loro memorie, i loro ricordi, le loro sofferenze. Dobbiamo leggere. Io ebbi un nonno che mi raccontava, insieme ai suoi commilitoni. Vedendoli così fieri e orgogliosi di quello che avevano fatto, io lì quel giorno decisi che avrei fatto il soldato. Parlavano di commozione dei loro comandanti con la luce nei loro occhi. Capì che volli diventare anch’io un Comandante».