Accoltellò la cognata, intervenuta per sedare la lite tra due fratelli di Nardò. La discussione era scoppiata a causa di un’eredità contesa.
Il tribunale della seconda sezione collegiale (Presidente Gabriele Perna) ha condannato Oronzo Vivenzio, 57enne di Nardò, alla pena di 10 anni. Rspondeva del reato di tentato omicidio.
I giudici hanno disposto anche il risarcimento del danno, in separata sede, per le due parti civili: il fratello e la cognata di Venanzio, assistiti rispettivamente dagli avvocati Tommaso Valente e Vincenzo De Benedittis. Inoltre, in favore della vittima dell’accoltellamento è stata accordata una provvisionale di 20mila euro.
L’imputato è, invece, difeso dall’avvocato Gianpiero Geusa che, una volta depositate le motivazioni della sentenza, proporrà ricorso in Appello. La difesa ha sostenuto come Venanzio abbia reagito ad un’aggressione subita dal fratello con un casco, ma di non volere uccidere nessuno.
Il pubblico ministero Maria Vallefuoco ha in precedenza invocato la condanna a 12 anni di reclusione. La Procura ritene che Oronzo Vivenzio volesse accoltellare il fratello, finendo per ferire involantariamente la cognata.
La ricostruzione dell’accaduto
L’episodio si è verificato il 23 gennaio del 2018. Una donna si è presentata al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Nardò con una ferita di arma da taglio ed ha poi informato gli uomini del locale commissariato, guidati dal comandante Pantaleo Nicolì.
La malcapitata ha dichiarato che i due consanguinei stavano discutendo animatamente nei pressi di una stazione di servizio che si affaccia su via XXV Luglio, quando ad un certo punto la situazione è degenerata al punto che il fratello maggiore ha estratto un coltello. La cognata, forse mentre cercava di evitare il peggio, è stata accoltellata all’altezza dell’addome.
La donna è stata poi ricoverata, in prognosi riservata, all’Ospedale di Galatina per una ferita da taglio intercostale con interessamento polmonare.
L’uomo è stato sottoposto a fermo, disposto dal pm Carmen Ruggiero e poi convalidato dal giudice, e condotto in carcere. Successivamente, Vivenzio ha ottenuto i domiciliari, poiché il gip Antonia Martalò ha accolto l’istanza avanzata dal suo legale.