Il boss della Scu Antonio Pellegrino resta in carcere


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Sarebbe dovuto ritornare libero nei prossimi giorni, ma Antonio Pellegrino è stato oggetto di un provvedimento di fermo per pericolo di fuga emesso dai magistrati Giuseppe Capoccia e Valeria Farina Valaori delle Procure di Lecce e Brindisi e notificato dalla Guardia di Finanza di Brindisi.
 
Tutto sarebbe partito dalla Procura di Ancona, dove il pm del tribunale marchigiano aveva chiesto, nelle scorse ore, il fermo del boss della Scu, per la violazione dell'articolo 73 con l'aggravante della transnazionalità riguardante, dunque, produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti. Il gip ha approvato la richiesta, emettendo un'ordinanza per "gravi indizi di colpevolezza e pericolo di fuga". Successivamente, il giudice ha mandato "per competenza" gli atti alla Dda di Lecce e si capiranno così meglio le circostanze del fermo (se avvenuto in caserma oppure in carcere).
 
Ricordiamo che venerdì scorso, il Tribunale del Riesame aveva dichiarato inefficaci le due ordinanze di custodia cautelare. Difatti, era stata accolta la richiesta dellavvocato Elvia Belmonte, di scarcerazione di Antonio Pellegrino. Il difensore del 41enne di Squinzano detenuto nel carcere di Ancona, aveva presentato un ricorso al Tribunale del Riesame in cui chiedeva linefficacia della misura della custodia cautelare in carcere per il suo assistito, "appellandosi" ad una recente pronuncia della Corte Suprema.
 
L'avvocato Belmonte difatti, già il 15 giugno scorso aveva depositato un’istanza di riesame e gli atti venivano ricevuti dalla cancelleria il giorno 20 giugno. Pellegrino in merito all’indagine “Vortice Dèjà-vu” del 2008 e White Butcher, coordinate dal  Sostituto Procuratore Antimafia Guglielmo Cataldi, rispondeva dei reati di "partecipazione mafiosa" con un ruolo di spicco e traffico di droga aggravato dalla transnazionalità.
 
Nel corso dell’udienza camerale del 26 giugno, la difesa sollevava una questione di costituzionalità, relativa all'impossibilità da parte di Antonio Pellegrino di poter partecipare ad un procedimento in udienza pubblica, accolta dai giudici del Riesame, che ordinavano la rimessione degli atti alla Consulta. Si arrivava così alla data del 30 giugno, senza che venisse adottata alcuna decisione in merito alla questione della custodia cautelare di Pellegrino. L'avvocato Belmonte, dunque, sollevava la questione dell’inefficacia della misura cautelare, poiché sosteneva che" il termine di dieci giorni previsto dall'art. 309 cod. proc. pen. per la decisione del Tribunale del riesame è perentorio, giacché, trascorso infruttuosamente il giorno finale in esso previsto, consegue automaticamente l'effetto della perdita di efficacia della misura coercitiva impugnata".
 
Antonio Pellegrino, latitante da sei mesi, venne arrestato il 24 maggio in Ungheria, a Nagylak, presso il posto di frontiera con la Romania.  Dopo l'arresto in Ungheria, venne ultimata la procedura di estradizione che riportò in Italia il boss.