“Salite in casa. Mio padre è morto venite a vedere cosa ho fatto”. Sono le prime parole pronunciate da Vittorio Leo, dinanzi ai carabinieri, appena giunti nell’appartamento.
Il 48enne di Collepasso, nel corso dell’interrogatorio dinanzi al sostituto procuratore Luigi Mastroniani, ricostruisce poi le fasi del crudele omicidio. Durante l’udienza di convalida di ieri, dinanzi al gip Giovanni Gallo, l’uomo, assistito dagli avvocati Francesca Conte e Andrea Luigi Cucco, ha ribadito sostanzialmente quanto sostenuto al pm. Anche se ha dichiarato di astenersi dal rispondere in relazione ai momenti cruciali dell’accaduto e “in ordine a un suo pentimento o rimeditazione dell’accaduto”. Il giudice, al termine dell’ascolto, ha convalidato l’arresto e confermato il carcere, con l’accusa omicidio volontario aggravato dal fatto commesso contro un ascendente (reato per cui si rischia l’ergastolo). Il gip ritiene sussistenti il pericolo di fuga e di reiterazione del reato.
Le dichiarazioni resa ai carabinieri ed al pm
Il dr. Gallo, nell’ordinanza, richiama anzitutto alcune dichiarazioni di Vittorio Leo rese ai carabinieri per ricostruire la dinamica dei fatti ed il movente dell’omicidio: “…non ce la facevo più a sentire le lamentele di mio padre, oggi non ce l’ho fatta più, prima abbiamo litigato, poi ho preso una bottiglia dell’alcol e poi ho acceso con la fiamma, e poi non ricordo più…”.
In seguito, durante l’interrogatorio in caserma, il 48enne di Collepasso ha parlato di un incidente e ha sostenuto che non era sua intenzione uccidere il genitore. Ha raccontato di aver spruzzato dell’alcool con cui si stava medicando una ferita contro il genitore durante l’ennesima lite. Alcune gocce sarebbero poi finite sul fornello acceso, causando il rogo umano. Ad ogni modo, non avrebbe mosso un dito per salvarlo perché ‘paralizzato dalla paura’. Anzi, si sarebbe prima steso sul divano e poi si sarebbe cucinato un piatto di pasta al ragù.
Dopo pranzo, avrebbe ripulito la cucina, lavato il pavimento e si sarebbe disfatto della bottiglietta di alcool. E ha aggiunto: “Devo avere spento io il gas, dopo un po’ di tempo quando sono ritornato dal bagno”. Su questo punto, però, il pm nutre dubbi e dice a Leo: “Le melanzane erano però ancora crude”. Precisazione a cui l’uomo non sa dare una risposta.
Inoltre, il sostituto procuratore Luigi Mastroniani vuole vederci chiaro sulla precisa dinamica dei fatti. Il magistrato nella richiesta di convalida, chiedeva anche “ulteriori approfondimenti… non potendosi escludere che l”omicidio sia stato cagionato in un’altra stanza dell’abitazione… e che possa aver cagionato la morte del padre direttamente nel bagno, gettandogli sul capo il contenuto della bottiglia di alcol per poi dargli fuoco mediante un accendino”.
Sempre dinanzi al pm, Vittorio Leo si sarebbe soffermato sui rapporto con il padre, affermando: ” Lui non accettava che io potessi partecipare all’eredità”. E ancora, “Non accettava che io avessi abbandonato gli studi”.
L’ordinanza del gip
Il gip Gallo, ad ogni modo, nell’ordinanza sostiene, come: “Nessun dubbio può aversi…. circa il fatto che sia stato Vittorio Leo a cagionare la morte del padre, come nella sostanza ammesso dallo stesso indagato nel corso dell’interrogatorio” E poi, “Ciò che non convince, ma anzi è sconfessato da alcuni rilevanti elementi emersi dalle indagini, è la ricostruzione degli eventi, in particolare in ordine alle modalità di causazione”. È il giudice aggiunge “Deve verosimilmente ritenersi che Vittorio Leo, nel corso dell’ennesima lite con il padre, abbia deliberatamente gettato dell’alcol addosso a quest’ultimo e abbia dato fuoco allo stesso, al fine di cagionarne la morte”. Il gip, infine, sottolinea “l’agghiacciante comportamento tenuto successivamente all’inizio della combustione” e ancora, “una volontà diretta…a cagionare, in assenza di qualsivoglia sentimento di compassione, la morte della vittima”.