Maxi operazione antidroga Battleship: inflitti oltre due secoli di carcere con rito abbreviato. Tutte le condanne


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Si conclude con ventidue condanne ed oltre due secoli di carcere, ma anche con due assoluzioni, il processo con rito abbreviato, relativo all’operazione antidroga “Battleship”.

Le condanne del Gup Simona Panzera

In mattinata, nell’aula bunker del carcere di Borgo San Nicola, il gup Simona Panzera ha inflitto la pena di: 20 anni per Alessandro Caracciolo, detto “Frasola” (18 anni), 57enne di Monteroni; 20 anni per la moglie Maria Antonietta Montenegro, 50 anni (16 anni); 14 anni per la figlia Simona Caracciolo, 28enne di Monteroni (12 anni) e 16 anni e 8 mesi a Mirco Burroni, 36 anni di Lequile (12 anni).

E poi, 18 anni e 4 mesi ad Angelo Cosimo Calcagnile, 44enne (12 anni) e 12 anni per Antonio Cordella, 33enne, entrambi di Leverano (9 anni); 11 anni per Alessandro Francesco Iacono, 36enne di Leverano (6 anni); 16 anni ed 8 mesi per Cristian Nestola, 34enne di Leverano (12 anni) e 9 anni e 4 mesi ad Andrea Quarta noto come Bisca, 37enne, di Leverano (9 anni e 4 mesi); 14 anni a Salvatore Conte, 52enne di Leverano (10 anni); 16 anni e 2 mesi a Michele Antonio Ricchello, 44enne di Alliste (10 anni) e 16 anni e 2 mesi per Massimiliano Lorenzo, 43 anni di Monteroni (10 anni); 2 anni per Andrea Ricchello, 32enne di Monteroni (2 anni e 2 mesi).

E ancora, 6 anni per Andrea Carlino, 32enne di Racale (5 anni e 4 mesi); 7 anni per Loris Pasquale Casarano, 45enne di Taviano (8 anni); 2 anni ed 8 mesi a Stefano De Leo, 44enne di Monteroni (4 anni); 4 anni e 8 mesi ad Ivan Mario Greco, alias “U Piccinnu” (5 anni e 4 mesi), 32enne di Alliste; 6 anni e 6 mesi per Bruno Guida, 43enne di Leverano (6 anni); 5 anni e mesi per Andrea Quarta, noto come “Pecora”, 43 anni di Monteroni (11 anni); 8 mesi a Cristian Raganato, inteso “Pastina”, 25enne di Copertino (8 mesi); 2 anni e 8 mesi per Carlo Squittino, 49enne di Castro (3 anni); 20 anni per Altin Shehaj, 40enne albanese residente a Melissano (16 anni).

Assolti dall’accusa di associazione mafiosa

Inoltre: Mirco Burroni, Simona Caracciolo, Salvatore Conte, Antonio Cordella, Mssimiliano Lorenzo e Michele Antonio Ricchello sono stati assolti dall’accusa di associazione mafiosa.

Sono cadute per tutti gli imputati alcune aggravanti legate all’associazione finalizzata allo spaccio, e per molti reati è stata riconosciuta l’ipotesi attenuata.

Due assoluzioni piene

Assoluzione piena per Simone Mazzotta, 44enne di Monteroni (chiesti 6 anni) e Roxhers Nebiu, alias “Roger”, 28enne albanese residente a Taviano (chiesti 5 anni).
In una scorsa udienza, invece, si è tenuta la requisitoria del procuratore aggiunto della Dda Guglielmo Cataldi che ha invocato complessivamente anch’egli, oltre due secoli di carcere.

Rinviati a giudizio

Invece, nei mesi scorsi sono stati rinviati a giudizio, dinanzi ai giudici della prima sezione collegiale: Erika Caracciolo, 31 anni, di Copertino; Emanuel Centonze, 23enne di Monteroni; Piergiorgio De Donno, 33enne di Porto Cesareo; Silvano De Leone, 56enne di Racale; Maria Lucia Maniglia, 54enne di Monteroni; Lorenzo Nuti, 34enne di Novoli; Giovanna Perrone, 56enne di Lecce; Luigi Reho, 61enne di Matino.

I reati contestati sono, a vario titolo è in diversa misura: associazione di tipo mafioso, associazione a delinquere finalizzata alla produzione ed al traffico internazionale di droga, estorsione, rapina, furto e minaccia aggravata.

Il collegio difensivo

Il collegio difensivo è composto, tra gli altri, dagli avvocati: Rita Ciccarese, Stefano Stefanelli, Giuseppe Bonsegna, Mario Coppola, Ladislao Massari, Angelo Vetrugno, Cosimo D’Agostino, Luca Puce, Giuseppe Romano, Massimo Bellini, Francesco Fasano, Stefano Pati, Giuseppe Presicce, Rocco Vincenti, Pantaleo Cannoletta.

L’inchiesta

L’inchiesta “Battleship” condotta dagli uomini del GICO, è culminata nel marzo del 2019, con 14 arresti (a seguito di ordinanza di misura cautelare emessa dal gip) ed ha permesso di smantellare l’associazione mafiosa “Caracciolo-Montenegro”.

Il gruppo aveva fatto del consenso sociale un marchio distintivo. Lo dimostrerebbero le ripetute richieste ai vertici dell’organizzazione affinché si interessassero per dirimere le più disparate controversie private o per tornare in possesso di beni o merci precedentemente rubati.

L’operazione “Battleship” ha dimostrato il ruolo chiave delle donne del “clan”. Impartivano ordini, dirigevano le operazioni, anche le più delicate e spesso ci mettevano la faccia rendendosi protagoniste di minacce ed intimidazioni.