Clan e vendette trasversali, l’intervento punitivo per l’incendio all’Eurogarden di San Foca


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Un intervento punitivo contro i responsabili dell’incendio al lido Eurogarden di San Foca. Un episodio che rientrava nel piano del clan Pepe di avere il controllo assoluto su Melendugno e le sue marine.

In una intercettazione tra Antonio Leto e Salvatore Bruno, il primo affermava di avere identificato uno dei due responsabili dell’attentato del 9 maggio del 2018 all’interno del residence, quando venne cosparso del liquido infiammabile, su una pedana di legno (l’incendio venne domato). L’interesse degli uomini del clan a vendicare il torto subito, andrebbe ricercato, secondo quanto contenuto nell’ordinanza del gip Panzera, nell’amicizia tra il proprietario del residence ed Antonio Marco Penza, uomo del gruppo Pepe, che alloggiava all’interno dello stesso.

Una volta identificato il presunto autore, il clan voleva che venisse portato al cospetto del capo “Totti” Pepe per costringerlo a indicare il mandante.

E a tal proposito Antonio Leto, affiliato al gruppo criminale, affermava: “mi devo fare portare questo ragazzo qua… e gli devo spaccare le ginocchia… (incomprensibile)… finché non dice chi lo ha mandato. E continua, “perché chi lo ha mandato deve pagare… perché visto che li ci siamo noi… cosi a noi ci hanno fatto uno sfregio brutto”. E conclude dicendo: “io mi vorrei portare la pistola e sparargli ad un dito”.

Nel provvedimento del gip vengono poi indicati gli altri interessi del clan su parcheggi abusivi, servizi di guardiania e usura, relativi a noti bar e lidi di San Roca e Roca.

Altri attentati per proteggere gli affiliati

I clan interessati dall’ordinanza “Final Blow”, risultano intransigenti nel vendicare gli affiliati e colpire chi si opponeva al loro predominio territoriale. Nell’aprile del 2018 venne picchiato in pieno centro a Cavallino, un noto pregiudicato (pare per alcuni insulti ad una ragazza), vicino a Gino Lazzari e che rientrava nelle grazie di Marco Penza del gruppo Pepe. Ed allora scattò la controffensiva del clan ed il motto era “se le cose si mettono male, siamo tutti uniti”. Difatti, lo stesso Lazzari si diresse verso un bar di Surbo esplodendo numerosi colpi di mitra. Tutto finito? Macché! La stessa sera Gianluca Negro (ritenuto l’autore del precedente pestaggio) e Riccardo Cozzella sì dirigevano verso un altro esercizio commerciale a Cavallino, dove lavorava Lazzari, sparando vari colpi.

Successivamente, si tennero diversi summit tra gli uomini di spicco dei due clan per cercare di trovare una soluzione.