Due imputati a processo con l'abbreviato condizionato per le presunte infiltrazioni mafiose nel Comune di Squinzano. Il gup Michele Toriello ha accolto la richiesta dei legali Paolo Spalluto e Giuseppe De Luca, per l’ex sindaco di Squinzano Gianni Marra e per Roberto Schipa, in qualità di comandante della Polizia Municipale.
Il boss Antonio Pellegrino, avvocato Elvia Belmonte; l’allora Presidente del Consiglio Fernanda Metrangolo e l’imprenditore Lino Gabriele Lagalla, difesi da Francesca Conte ed Antonio Savoia, saranno invece giudicati con l'abbreviato "secco".
Questi rispondono a vario titolo ed in diversa misura, dei reati di abuso d’ufficio, corruzione in atti d’ufficio, falso ideologico e materiale. I cinque imputati dovranno presentarsi innanzi al gup, in data 23 giugno per l'inizio del processo con rito abbreviato. Quel giorno si dovrebbe tenere la discussione e subito dopo, dovrebbe essere messa la sentenza.
Quattro imputati sono accusati di avere agevolato il boss squinzanese Antonio Pellegrino, appena scarcerato, ad ottenere un alloggio popolare per la madre, superando tutti in graduatoria. La richiesta di abbreviato per Marra e Schipa ed accolta dal giudice è "condizionata" all'acquisizione di alcuni documenti e dall'escussione (interrogare in giudizio) di due testimoni.
Anzitutto, il certificato del C.S.M. (Centro Salute Mentale) di Galatina, in cui la madre di Pellegrino risulterebbe affetta da gravi patologie di natura neuro-psichiatrica, ma anche due certificati del medico di base. Inoltre, ci sarebbe l'attestazione medica di un consulente che aveva eseguito una Ctu (Consulenza tecnica d'ufficio), in sede di contenzioso del lavoro per la pensione della madre. Da questo atto, sarebbe scaturita una sentenza del Tribunale del Lavoro di Lecce.
Sarebbe dunque risultato già nel 2005, come la signora Pellegrino avesse diritto al pensionamento ed all'indennità d'accompagnamento, accertando un'invalidità del 75%
Vi è poi una sentenza di archiviazione, per un caso analogo a quello della madre di Pellegrino, verificatosi a Squinzano, sempre nel periodo in cui era sindaco Gianni Marra. Infine, i difensori hanno chiesto che venissero chiamati a testimoniare nella prossima udienza, anche due carabinieri in servizio nel 2010, all'epoca dei fatti. Essi, secondo la difesa, avrebbero "notiziato" il magistrato di turno, in merito alla assegnazione dell'immobile alla madre di Pellegrino.
Nell'udienza scorsa, invece, i tre principali protagonisti della vicenda hanno rilasciato "spontanee dichiarazioni". Anzitutto, il boss Antonio Pellegrino, il quale in merito alla richiesta di ottenere un alloggio popolare per la madre malata, ha detto di non aver mai dichiarato il falso sulle reali condizioni di salute della stessa. Hanno preso la parola anche l’ex sindaco Gianni Marra e Roberto Schipa, ex comandante della Polizia Municipale. I due hanno affermato dinanzi al giudice Michele Toriello di avere preventivamente comunicato la richiesta avanzata da Pellegrino alle autorità competenti, quali Prefetto, Carabinieri e Autorità Giudiziaria. Dunque non si sarebbe configurato alcun reato di abuso d'ufficio e avrebbero agito "alla luce del sole".
L'inchiesta sulle presunte infiltrazioni mafiose nel Comune di Squinzano è coordinata dai sostituti procuratori Giuseppe Capoccia e Guglielmo Cataldi.
Marra e Schipa, sono accusati di avere agevolato il boss squinzanese Antonio Pellegrino ad ottenere un alloggio popolare, superando tutti in graduatoria. Ciò sarebbe avvenuto ‘grazie’ ad una relazione falsa redatta dal Comandante dei vigili urbani in cui si certificava che la mamma di Pellegrino, in cura presso il Centro di Igiene Mentale, viveva con il figlio in un condizioni disagevoli. Gli inquirenti ritengono che il Sindaco fosse ben a conoscenza di quale fosse la reale situazione e avesse così ‘requisito’ una delle case per darla a Pellegrino.
Il reato di corruzione in atti d’ufficio viene contestato invece alla Metrangolo, al figlio Carlo Marulli (la sua posizione è stata stralciata e sarà giudicato in un altro procedimento) ed a Lavalla, nipote dell’ex assessore provinciale di FI. La Metrangolo, all’epoca Presidente del Consiglio Comunale, avrebbe fatto approvare dall’Assise una delibera che iscriveva come fuori bilancio il debito del nipote, consentendo così all’imprenditore di ottenere il denaro in poco tempo, per alcuni lavori eseguiti nel 2009. Lagalla, a sua volta, avrebbe "ringraziato" con una tangente da 2.500 euro, versata a Marulli.
I sei imputati risultavano già indagati nell’operazione “Vortice Dejà-vù”, ma la posizione di cinque di essi, fu stralciata poiché la Procura decise di aprire un fascicolo a parte incentrato sui presunti rapporti tra mafia e politica.