Tentato omicidio e giro di estorsioni a Nardò: c’è un sesto indagato per favoreggiamento


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La Procura apre un nuovo fronte d'inchiesta sulla vicenda del tentato omicidio e del giro di estorsioni a Nardò. Il pm Stefania Mininni intende disvelare la fitta trama di aiuti (ad esempio denaro, appartamenti o armi messi a disposizione del clan) che hanno agevolato il gruppo di cinque persone, tra salentini e siciliani, durante la latitanza.
  
È stata iscritta nel registro degli indagati per favoreggiamento una sesta persona, mentre gli inquirenti sono già sulle tracce di una settima, che risponderebbe della stessa ipotesi di reato. Successivamente, il sostituto procuratore Mininni potrebbe, dunque, finalmente chiudere il cerchio su tutti protagonisti di questa torbida inchiesta, che va avanti da più di tre mesi. 
  
Inoltre, dopo Russo, padre e figlio, anche Giuseppe Calignano resta in carcere per il giro di estorsioni a Nardò. Il Tribunale del Riesame, Presidente Silvio Piccinno, ha rigettato l'istanza di scarcerazione avanzata dal suo difensore, l'avvocato Giuseppe Risi. Il legale chiedeva l'annullamento dell'ordinanza del gip, per mancanza dei gravi indizi di colpevolezza.
  
Giuseppe Calignano 27enne neretino è accusato di essere il complice del gruppo composto da Francesco e Giampiero Russo, Angelo Caci, e Rocco Falsaperla, tutti detenuti. I cinque membri del gruppo,  avrebbero messo a segno nel maggio scorso, un violento tentativo di estorsione ai danni di un commerciante di Nardò, poi sfociato nel ferimento di Gianni Calignano. Il 27enne di Nardò risponde di tentata estorsione ed è stato, nelle settimane scorse, rintracciato e arrestato sulla litoranea di Serra Cicora.
  
Anche i difensori del 64enne, Francesco Russo e del figlio Giampiero, 27 anni di Nardò, gli avvocati Francesco Fasano, Tommaso Valente e Francesca Conte hanno chiesto nei mesi scorsi  l'annullamento dell'ordinanza di applicazione di misura cautelare in carcere, emessa dal gip Alcide Maritati che aveva accolto la richiesta avanzata dal pubblico ministero Stefania Mininni, titolare dell'inchiesta. Il giudice delle indagini preliminari nelle pagine dell'ordinanza sottolineava che il tentato omicidio andrebbe inquadrato "nella contrapposizione, in atto a Nardò, tra elementi di spicco della criminalità organizzata".
  
In base a quanto sostenuto dal gip Maritati nell'ordinanza, le due imputazioni sarebbero strettamente collegate tra loro. Fondamentali in tal senso, le dichiarazioni della vittima della tentata estorsione e di due persone molto vicine a Calignano. Il primo ha ricostruito la vicenda della richiesta di denaro, messa in atto dai tre indagati attraverso minacce e violenze fisiche. Il commerciante ha dunque riferito di una prima richiesta estorsiva di 500 euro, da lui non "soddisfatta" per mancanza di liquidità, ma della quale venne informato Calignano. Questi si interessò alla faccenda, interloquendo con i presunti estorsori che ebbero, evidentemente, una reazione contraria alle "aspettative, che sfociò nel tentativo di ammazzare lo stesso Calignano.
  
Dopo l'agguato, la "vittima" sarebbe stato condotto in Ospedale da Antonio Duma 55enne di Nardò, finito in manette, con l'accusa di spaccio di sostanze stupefacenti. L'arresto rientra nell'ambito di una vasta operazione antidroga effettuata a Nardò per ricercare legami e connivenze tra l'agguato e gli ambienti dello spaccio.