Omicidio Capocelli, mercato della droga ed associazione mafiosa: Sette indagati


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Arriva la chiusura dell’inchiesta sulla morte di Mattia Capocelli, freddato con un colpo di pistola nei pressi di un fast food a Maglie.

La Procura leccese ha notificato l’avviso di conclusione, a firma del procuratore aggiunto Guglielmo Cataldi e del sostituto procuratore Maria Consolata Moschettini, nei confronti di sette persone. Anzitutto, Simone Paiano 25 anni di Maglie che risponde dell’accusa di omicidio volontario con l’aggravante dei motivi abietti e futili relativi alla gestione ed allo spaccio di sostanze stupefacenti.

Indagati anche: Salvatore Maraschio, 25 anni, detto “Toto”; Marco Cananiello, detto “Bravo”, 21 anni; Andrea Marsella, 27enne, detto “Banderas” (tutti di Maglie); Giorgio Rausa, detto Giorgino, 24 anni di Scorrano. Sono accusati di associazione mafiosa, sequestro di persona aggravato, porto abusivo d’armi e lesioni personali aggravate.

E poi, D. T., 31enne e P. E., 29 anni, entrambi di Maglie. I due rispondono di favoreggiamento personale. Sono il proprietario ed il dipendente del fast food mobile. Avrebbero, entrambi aiutato i componenti del gruppo criminale ad eludere le indagini fornendo false informazioni sulla dinamica dell’omicidio e sull’identità delle persone presenti sul luogo.

L’omicidio di Mattia Capocelli e l’associazione mafiosa

Come risulta nell’avviso di conclusione, l’omicidio di Mattia Capocelli sarebbe maturato, a seguito di contrasti per lo spaccio di droga nel territorio magliese. Da una parte c’era Simone Paiano, il quale dopo la sua scarcerazione nell’aprile scorso, aveva manifestato a Capocelli l’intenzione di spacciare in autonomia. In particolare, si era rifiutato di aderire e di avere rapporti “commerciali” con il clan mafioso capeggiato da Francesco Amato detto “Padreterno”, smantellato nelle settimane scorse attraverso l’operazione “Tornado e di cui faceva parte anche Capocelli, oltre a Maraschio, Cananiello, Marsella e Rausa.

Attraverso l’omicidio di Capocelli, avvenuto il 25 aprile scorso nei pressi di una rivendita di panini in via Montegrappa a Maglie, Paiano voleva ottenere il controllo incontrastato dello spaccio.

La tesi sul movente dell’omicidio era stata condivisa anche dal gip Sergio Tosi, firmatario dell’ordinanza di arresto, il quale aveva però escluso i gravi indizi di colpevolezza, per potergli contestare anche l’aggravante dei futili e abietti motivi.

La ricostruzione dei fatti

Paiano, nel corso dell’interrogatorio in carcere, ha riferito di essere stato vittima di un agguato e che non aveva intenzione di uccidere Capocelli. Sul suo corpo sono state trovate delle lesioni, che in seguito alla consulenza del medico legale, sono risultate compatibili con ferite da arma da taglio.

Questa versione dei fatti, s’incrocia con le contestazioni mosse agli altri indagati nell’avviso di conclusione indagini.

Paiano sarebbe stato vittima di “un’azione dimostrativa” organizzata da Capocelli, Maraschio, Cananiello, Marsella e Rausa, aderenti al clan Amato, per il suddetto rifiuto di spacciare per conto loro. Questi avrebbe ricevuto una chiamata nella notte dal fratello, il quale gli comunicava di essere stato prima “convocato” dai cinque complici presso il fast food e poi sequestrato. E diceva a Simone Paiano di recarsi sul posto, poiché stava subendo pesanti minacce con un machete da Mattia Capocelli.

Il giovane si sarebbe così recato al fast food mobile, portandosi dietro una pistola. Arrivato lì, sarebbe stato colpito con quattro fendenti da varie persone. Il fratello, a sua volta, sarebbe stato ferito con un coltello prelevato dall’interno della paninoteca, nel tentativo di aiutarlo.

A quel punto, intorno all’1:30 di notte, Paiano ha esploso il colpo di pistola. Capocelli è stato colpito al collo da una pallottola esplosa con una pistola semiautomatica calibro 6,35.

Il 28enne di Maglie è stato trasportato all’ospedale di Scorrano, dov’è spirato poco dopo. In fuga su una moto Ducati, l’assassino ha inizialmente fatto perdere le proprie tracce.

Il favoreggiamento

Invece P. E., gestore della paninoteca ed il dipendente D. T., ascoltati a sommarie informazioni dai Carabinieri intorno alle 5:30, non avrebbero riferito con precisione chi era presente sul posto; che Capocelli era armato di machete e Cananiello aveva prelevato un coltello dall’interno della paninoteca, utilizzandolo contro il fratello di Simone Paiano. Infine, non avrebbero detto che dopo il colpo di pistola, Paiano si sarebbe avvicinato a loro, affermando ” Questo è solo l’inizio, qua ci sono io capito? D’ora in avanti ci sono io”. Essi si sarebbero limitati a dire di avere udito delle grida e visto passare a forte velocità un auto.
Inoltre, P.E. avrebbe riferito falsamente che l’impianto di video sorveglianza si era bruciato e non era stato sostituito. I militari avrebbero invece rinvenuto in un boschetto vicino, il DVR contenente le registrazioni degli accadimenti, risultato manipolato con modifica dell’orario.
Invece, D.T. avrebbe omesso di dire che aveva soccorso Capocelli, dopo lo sparo, assieme al proprietario del fast food mobile.

Le indagini sono state condotte dai carabinieri del Nucleo Operativo di Lecce e dai colleghi del Norm di Maglie.

Gli avvocati

Simone Paiano è difeso dagli avvocati Dimitry Conte e Amilcare Tana.
Gli altri indagati sono assistiti d’ufficio dagli avvocati: Marco Pezzuto, Maurizio Memmo, Massimiliano Mazzotta, Vincenzo Perrone, Arianna Lezzi, Danilo Dinoi.