Omicidio Maglie: il gip conferma il carcere per Paiano. No all’aggravante dei futili e abietti motivi

In mattinata si è tenuta l’udienza di convalida. Simone Paiano, il 25enne di Maglie accusato di omicidio volontario, è stato interrogato per quasi un’ora.

Confermato il carcere per Simone Paiano, accusato dell’omicidio volontario di Mattia Capocelli. Al termine dell’udienza, il gip Sergio Tosi ha convalidato l’arresto, escludendo però i gravi indizi di colpevolezza, per potergli contestare anche l’aggravante dei futili e abietti motivi.

In mattinata, presso il penitenziario di Borgo San Nicola, si è tenuto l’interrogatorio del 25enne di Maglie, durato quasi un’ora. L’indagato, assistito dall’avvocato Dimitry Conte, ha risposto alle domande del giudice. Ha ribadito di essere stato vittima di un agguato con un machete e che non aveva intenzione di uccidere il 28enne. Voleva salvare suo fratello che era stato sequestrato dalla vittima.

Inoltre, ha riferito di essersi rivisto con Mattia Capocelli, dopo la sua scarcerazione del 17 aprile scorso (aveva scontato una condanna per reati in materia di stupefacenti). L’amico gli avrebbe anche proposto di rifornirsi di droga da lui. Paiano gli avrebe, però, risposto di non volere più acquistare stupefacenti da nessuno. Questa decisione, avrebbe scatenato l’irritazione di Capocelli, che avrebbe deciso di procurarsi una pistola (senza specificare da chi), che nascondeva in campagna. Inoltre, avrebbe chiesto all’amico un chiarimento, recandosi presso la sua abitazione il giorno prima del fatto di sangue, ma senza trovarlo.

Sul presunto disinteresse di Paiano per lo spaccio di droga su territorio magliese, il giudice esprime le proprie perplessità. In questo caso, non si spiegherebbe il risentimento da parte di Capocelli e la necessità di avere un chiarimento con lo stesso.

Invece, secondo il gip, le ragioni del contrasto sarebbero legate proprio alla gestione dello spaccio sulla piazza di Maglie. Il giudice ritiene poi che “il movente del gesto omicidiario sia da ricondursi alla compravendita di sostanze stupefacenti“.

Allo stesso modo, però, “non può ricavarsi con la necessaria gravità indiziaria“, che la causale dell’omicidio sia proprio questa, come contestato dal pubblico ministero. In particolare, “non risulta raggiunta la soglia indiziaria in termini di elevata probabilità in ordine al fatto che l’imputazione pone a fondamento dell’aggravante, ossia appunto, il mercimonio di sostanze stupefacenti, che nella prospettiva di accusa avrebbe costituito il motivo abietto“. Così come la sussistenza dei futili motivi, “non potendo consistere in una mera situazione di ostilita tra Paiano e la vittima“.

Inoltre, ritiene il dr. Tosi, non pare credibile che Paiano avesse voluto semplicemente ferire il Capocelli, altrimenti non avrebbe mirato al collo, ma alle gambe.

Allo stesso tempo, però, la sua versione dei fatti e le dichiarazioni rese dal fratello, meriterebbero un ulteriore approfondimento. Infatti, vi sarebbero già alcuni riscontri investigativi alla tesi dell’aggressione del Capocelli. Anzitutto, sul corpo dell’indagato sono state trovate due abrasioni. E poi, sul giubbotto la presenza di un taglio. Inoltre, sul luogo del delitto sono state riscontrate le tracce di un manico di coltello.

Infine, dai filmati esaminati si noterebbe il Capocelli che prima di essere attinto dal colpo di pistola, “impugna verosimilmente un coltello, così come visibile dal riflesso ottenuto dalla lama“. Secondo il giudice Tosi, questo aspetto non può comunque configurarsi come “legittima difesa”, poiché già in precedenza, Paiano “avrebbe potuto facilmente ricorrere a efficaci interventi alternativi alla violenza, chiedendo l’intervento delle forze dell’ordine“.

Ad ogni modo, conclude il giudice, appare adeguata la misura cautelare del carcere. Anzitutto, per il rischio di reiterazione del reato da parte di Paiano, trattandosi un soggetto gravato da recidiva specifica e per la sua completa inaffidabilità, poiché non avrebbe esitato a commettere il reato verso quello che definiva “suo amico da lungo tempo“.

La ricostruzione dell’omicidio

Le indagini sono state condotte dai carabinieri del Nucleo Operativo di Lecce e dai colleghi del Norm di Maglie e coordinate dal procuratore aggiunto Guglielmo Cataldi della Direzione Distrettuale Antimafia e dal sostituto procuratore Maria Consolata Moschettini.

In base alla prima ricostruzione degli inquirenti, Mattia Capocelli ha perso la vita nell’agguato del 25 aprile a Maglie, intorno all’1:30, ucciso con un colpo di pistola, nei pressi di un camioncino fast food, situato in via Don Luigi Sturzo. Durante la lite con il suo concittadino Mattia Capocelli (si trovava assieme ad un amico), Simone Paiano avrebbe esploso un colpo di pistola, con un semiautomatica calibro 6,35 (detenuta illegalmente), per poi fuggire a piedi. Immediatamente Capocelli è stato trasportato all’ospedale di Scorrano da un suo amico, dov’è spirato poco dopo. Tale ricostruzione è stata avvolorata dalle dichiarazioni di un testimone. E confermate, successivamente, da una altra persona che avrebbe udito lo sparo.



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