​’Personomics’ ovvero persone prima che sintomi. Intervista al dottor Mauro Minelli

Leccenews24 ha incontrato Mauro Minelli, Specialista in Allergologia e Immunologia clinica e, dal 29 marzo 2017, delegato responsabile per l’Italia Meridionale della SIMeP (Società Italiana di Medicina Personalizzata).

«La cosa più importante in medicina? Non è tanto la malattia di cui il paziente è affetto, quanto la persona che soffre di quella malattia». Inizia con una citazione di Ippocrate, l’intervista a Mauro Minelli, specialista in Allergologia e Immunologia clinica. Professore Straordinario di Igiene Generale e Applicata nel corso di laurea in Scienze Motorie dell’Università Pegaso Minelli, dal 29 marzo, è delegato responsabile per l’Italia Meridionale della SIMeP (Società Italiana di Medicina Personalizzata).
 
Il recentissimo rapporto “Osservasalute”, pubblicato dall’Osservatorio Nazionale sulla salute delle Regioni Italiane, rivela che nel nostro Paese – e soprattutto nelle regioni del Sud – la mancanza di politiche innovative in ambito sanitario si traduce in una minore aspettativa di vita. Ma è davvero così? E, se è vero, cos’è che continua a mancare?   
 
Partirei da una sintetica, ma necessaria ricognizione di carattere storico e metodologico. Il secolo XX è stato il secolo della Medicina Basata sulle Evidenze (EBM), nel corso del quale i protocolli standardizzati e avallati da studi scientifici sono stati proposti come unici elementi in grado di conferire validità al corpo delle conoscenze mediche. Come dire, in altri termini, che le decisioni diagnostiche e terapeutiche di ciascun medico andavano impostate, più che sulle opinioni ed esperienze personali, sulla valutazione critica e statistica dei risultati reperibili nella letteratura scientifica. Più recentemente, però, la Scienza Medica si è accorta che i trials clinici tradizionali presentano limiti tutt’altro che irrilevanti. Non è infrequente, infatti, constatare che non tutti i pazienti rispondono in maniera ottimale ai farmaci somministrati. E, d’altro canto, la risposta anomala di un certo numero di persone ai trattamenti farmacologici rafforza il concetto della variabilità umana dipendendo – quella risposta –  da elementi diversi: la prevalenza delle cause sensibili al trattamento, i fattori ambientali, il sesso e l’età e, soprattutto, la costituzione genetica del singolo individuo. Ne consegue, per deduzione logica, che la medicina moderna non può più basarsi solamente (e tristemente) sulla statistica e, dunque, privilegiare la risposta media della popolazione allo studio del singolo ammalato, ma potrà e dovrà essere personalizzata per evitare sprechi di risorse, ed identificare trattamenti ottimizzati per ciascun paziente.
 
Questo vuol dire che potrebbero già essere disponibili strumenti nuovi e più efficaci per raggiungere obiettivi di massima efficienza a vantaggio dei malati e a costi più contenuti?
 
Oggi le acquisizioni risultanti dalla conoscenza del genoma umano hanno consentito di definire e progressivamente implementare gli ambiti di intervento della Medicina Personalizzata, ovvero di quella Medicina patient-centred totalmente impostata sullo studio del singolo individuo. Grazie agli avanzamenti delle “Scienze Omiche”, come la Genomica (la mappatura del patrimonio genetico), la Trascrittomica (lo studio del “trascritto” che deriva dal genoma), la Proteomica  (lo studio dell’insieme di proteine espresse dai geni nelle cellule), la Metabolomica (lo studio dei prodotti finali del metabolismo), è possibile scandagliare una serie di dettagli molecolari di grande rilevanza e di forte impatto sul destino degli eventi patologici. In questo modo sarà possibile comprendere e prevedere, ad esempio, perché la stessa malattia si presenta in individui distinti con sintomatologia clinica e severità differenti, e perché risponde diversamente al trattamento terapeutico. Così come potrà essere possibile personalizzare le terapie ed ottimizzare i protocolli diagnostici e la prognosi del malato. Si tratta di conoscenze e acquisizioni impensabili fino a qualche decennio fa e, oramai, strategiche sul versante clinico nel momento in cui permettono l’identificazione, per ciascuna malattia e per ciascun paziente, di specifici meccanismi di patologia e conseguenti trattamenti molecolari.   
 
Può bastare tutta questa innovazione scientifica nella gestione ordinaria del paziente? Come prevedere un’interazione reale tra chi conduce la ricerca sul genoma e chi è direttamente coinvolto nell’assistenza “al letto del malato”?  
 

In effetti, per quanto di straordinaria rilevanza appaiano i risultati fin qui conseguiti, esiste indubbiamente un ulteriore elemento – pure centrale e strategico nelle complesse dinamiche che regolano il binomio “salute-malattia” – che ancora non sembra essere stato esaustivamente considerato: gli individui non si distinguono solo per la loro variabilità biologica e genetica; essi differiscono grandemente anche per le modalità attraverso le quali la malattia incide sulle loro vite. Molte caratteristiche soggettive agiscono in maniera più o meno rilevante sulla risposta del paziente. Ogni malato ha una sua propria personalità, una capacità di recupero e di risorse che influenzano il modo con cui egli si adatterà alla malattia; di conseguenza la stessa patologia che può alterare, a volte pesantemente, la vita personale e familiare di un individuo, non influenzerà con analoghe modalità ed intensità quella di un'altra persona.
Limitare la Medicina Personalizzata al solo ambito della genetica, dunque, non è sufficiente: bisogna fare un ulteriore passo in avanti verso la Medicina di Precisione o, ancor meglio, verso la PERSONOMICS.
 
Sembrerebbe l’introduzione di un ulteriore suffisso accrescitivo, questa volta applicato alla persona. Si tratta di un’alternativa rispetto alla medicina che conosciamo? O è davvero una nuova sfida? 
 
“Medicina di Precisione” è la definizione applicata da Barak Obama alla Medicina Personalizzata nel discorso del 20 gennaio 2015, con il quale egli sottolineava i benefici che, sulla salute umana, potrebbero derivare dalle misurazioni in tempo reale della glicemia, della pressione arteriosa e del ritmo cardiaco, ma anche dalla definizione del genotipo esclusivo di un individuo e del suo microbiota o, ancora, dalla determinazione delle cellule immunitarie disponibili, delle cellule cancerose eventualmente circolanti nel sangue periferico o del DNA tumorale. E però, malgrado questa apertura strategica decisamente non comune nel ceto politico ordinario, la prospettiva può e deve ancora essere ampliata: oltre la biologia, la fisiologia, la genetica, esiste un ambito vasto che include le circostanze personali di vita del paziente, l’ambiente nel quale egli vive ed opera, la situazione sociale, le caratteristiche della sua flora batterica intestinale e, perfino, la sua personalità. Così come è vero per la variabilità biologica, questi fattori, esclusivamente connessi alla persona ammalata, hanno un impatto decisivo sulla suscettibilità di quest’ultima alla malattia, su come la malattia si manifesterà fenotipicamente e sul modo in cui quella malattia – e l’individuo con la malattia – risponderà ai farmaci. Come dire, in altri termini, che l’influenza delle circostanze uniche della persona – il “Personoma” – deve essere considerato altrettanto potente quanto l’impatto del genoma, del proteoma, del farmacogenoma, del metaboloma o dell’epigenoma di quell’individuo. In ragione della soggettiva, peculiare rilevanza dei fattori psicologici, sociali, culturali, comportamentali ed economici, Il suffisso “-oma” ovvero “-omica” va, dunque, esteso anche alla Persona, aggiunto al kit di strumenti della medicina di precisione ed usato per riferirsi alle circostanze di vita uniche dell’individuo che indiscutibilmente condizionano la suscettibilità a contrarre la malattia, l’espressione clinica di quest’ultima ed il suo peso specifico sulla persona ammalata, oltre che il gradiente di risposta diverso, per ciascun paziente, alla terapia somministrata.
 
In conclusione, alla luce dei risultati già fin qui conseguiti  e nell’ottica  di nuove conquiste scientifiche prossime ad essere acquisite e che esortano il medico a concentrarsi prioritariamente sul paziente, come possiamo rendere attuale e concreto il messaggio che lei lancia?
 
Certamente tutto questo bagaglio di acquisizioni che, oramai, prefigura molto di più della declinazione di un astratto pensiero antropologico, non può lasciare indifferenti gli operati ai vari livelli. Un recente commento sul New York Times discuteva i limiti della medicina di precisione senza la personomica. In quell’articolo c’era chi osservava che le varianti genetiche riescono a spiegare solo una minima parte delle ordinarie evoluzioni cliniche connesse all’insorgere e al progredire degli stati patologici, e che l’ambiente, la cultura e il comportamento individuale giocano un ruolo più che significativo nel rimodulare il rischio pure codificato dalla genetica. È dunque necessario e, anzi, indispensabile che tutti gli stakeholders della sanità siano consapevoli delle opportunità che si associano ai nuovi scenari e che il personale addetto alla salute del “bisognoso/cittadino-paziente” possa avere a disposizione il tempo, l’opportunità e le risorse necessarie per padroneggiare la personomica e comprenderne ed apprezzarne l’importanza per la cura del paziente. D’altro canto l’oggettiva pertinenza delle indicazioni che da tali premesse scaturiscono, costituisce anche una sfida di salute pubblica, attraverso la razionalizzazione della prescrizione di farmaci costosi, ma anche attraverso una necessaria ed urgente reimpostazione e ottimizzazione delle modalità  di accesso all’insieme delle competenze interdisciplinari divenute oramai indispensabili.  
 
Saranno questi i temi portanti del 1° Convegno della Sezione Meridionale della Società Italiana di Medicina Personalizzata, in programma a Lecce dal 15 al 17 giugno 2017.



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