
Arrivano cinque condanne ed un rinvio a giudizio nell’ambito dell’inchiesta “Doppio Gioco”. Il gup Cinzia Vergine ha accolto il patteggiamento, condannando ad 1 anno e 6 mesi (pena sospesa) Cosimo Negro, 68 anni, di Galatone; Marco Negro, 45 anni di Galatone; Giovanni Saquella, 55 anni, di Squinzano e Roberta Zuccalà, 44 anni, di Galatone.
Andrea Caputo, 41 anni, di Sannicola è stato condannato ad 1 anno e 8 mesi con il rito abbreviato. Infine, Valentina Polo, 36 anni, di Nardò è stata rinviata a giudizio.
Luca Margherito, 45 anni, di Squinzano, ha scelto di essere giudicato con il rito abbreviato e l’udienza si celebrerà a maggio.
Gli imputati sono assistiti dagli avvocati: Rocco Vincenti, Giuseppe Gatti, Mario Pede, Luigi Pastore e Tommaso Valente.
Nelle settimane scorse, Il gup Simona Panzera, ha rinviato a giudizio l’avvocato Giovanni Francesco Rizzo, 59enne e il fratello Pantaleo Salvatore Rizzo, 54 anni, di Nardo. E in precedenza, era stata già rinviata a giudizio, la sorella Maria Teresa Rizzo, 56enne di Nardò, (sorella degli altri due Rizzo). Nelle scorse si è tenuta la prima udienza del processo, dinanzi ai giudici in composizione collegiale.
Gli imputati, assistiti dagli avvocati Antonio La Scala e Biagio Palamà, potranno dimostrare l’estraneità alle accuse nel corso del dibattimento.
L’inchiesta
L’inchiesta denominata “Doppio Gioco”, coordinata dal pm Carmen Ruggiero della Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce ha permesso di smantellare un’organizzazione operante nel mercato del gaming e del gioco d’azzardo legale ed illegale nelle province di Lecce e Taranto, gestendo un vorticoso giro d’affari nel settore delle slot machines, dei videopoker e nella raccolta di scommesse per eventi sportivi, fatte confluire sulle piattaforme informatiche di bookmaker stranieri.
I militari della Guardia di Finanza hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare a firma del Giovanni Gallo, nei confronti dei tre fratelli Rizzo, ritenuti a capo dell’organizzazione criminale.
Nello specifico, secondo l’accusa, l’avvocato Giovanni Francesco Rizzo, provvedeva alle operazioni di prelievo del denaro dai dispositivi illegali. Non solo, poiché gestiva i rapporti con i clienti, contrattando le condizioni del noleggio e garantiva loro consulenza ed assistenza legale, nei procedimenti penali che sorgevano a loro carico, a seguito dei sequestri, dando loro indicazioni per eludere i controlli e dissimulare l’illiceità dei dispositivi.
E poi, ritiene l’accusa, l’avvocato gestiva il rapporto con un prestanome, provvedendo a corrispondergli (assieme ai fratelli) periodicamente somme di denaro in cambio della fittizia intestazione di un’impresa con la quale i fratelli Rizzo distribuivano dispostivi di gioco illegale.
Invece, il fratello Pantaleo Rizzo, gestiva i rapporti con i clienti con particolare riguardo al noleggio dei Totem e dei videopoker.
Infine, la sorella Maria Teresa Rizzo, si occupava del settore amministrativo e contabile di due società, gestendo in particolare i rapporti con le banche ed i prestanome.