​Tap: cantiere sotto assedio degli attivisti e forze dell’ordine. L’espianto degli ulivi non si arresta

Il reportage della mattinata presso il cantiere Tap di San Foca, in localita’ San Basilio. Un racconto con interviste ed immagini di quanto accade durante i lavori di espianto degli ulivi, presidiati da attivisti forze dell’ordine.

Ci sono storie nella storia che si susseguono veloci in queste ore a San Basilio, in agro di Melendugno. Sono storie che si traducono in immagini difficili da raccontare, toccano corde e valori antichi cui questa terra si aggrappa con ogni forza. Lotte secolari, come gli alberi di ulivo espiantati da un habitat naturale e trapiantati altrove per il disegno di una Multinazionale spalleggiata da uno Stato assente che non ascolta i cittadini di questi luoghi. E’ la antica lotta tra i poteri forti delle lobby e la forza di chi “non conta nulla” e nulla altro può se non protestare.

Ci sono uomini della Polizia in divisa, con i manganelli e gli scudi che dietro i caschi mantengono un silenzio forzato e incassano insulti e improperi di attivisti agguerriti; ci sono manifestanti con il volto segnato dalle lacrime che agitano in mano manuali riportanti una scritta: “ MAFIA”. Ci sono i sindaci che indossano le fasce tricolore come a voler richiamare l’attenzione sul significato profondo di quei colori, uomini dello stato anche loro, ma dall’altra parte della barricata, tra i dissidenti. C’è un Consigliere regionale con il polso contuso e una vistosa fasciatura per non nascondere che le forze dell’ordine, all’occorrenza, agiscono. Tutt’intorno l’aerea è circondata da camionette della Polizia e la terra che si alza ricopre ogni cosa, entra negli occhi, si appiccica sul volto e le mani perché il vento del Salento spira forte anche oggi che si scrive, in quel di San Foca, una pagina triste della storia di questa terra, troppo a Sud per essere ascoltata da chi, a Roma, chiede che i lavori siano accelerati e portati a compimento quanto prima. Le voci che rendono corale una mattinata surreale sono quelle di cittadini qualunque e proviamo ad ascoltarli.

E’ il sindaco di Melendugno, Potì, che ci chiede di parlare, “diffondete il verbo”, ci esorta, e lancia un grido d’aiuto. E’ un fiume in piena il Sindaco, simbolo della lotta contro la Multinazionale del gas; miete consensi e raccoglie applausi ogni qual volta apre bocca per inveire contro il Governo: “ E’ un progetto scellerato quello di Tap che non tiene conto della volontà di questo lembo di terra e dei suoi abitanti – dichiara Marco Potì, acclamato dalla folla stretta intorno – non molliamo e non ci sposteremo da qui fino a quando Tap non interromperà i lavori e rivolgerà altrove le sue attenzioni; dialogherò con la Multinazionale soltanto quando ci sarà la volontà di porre fine alla tortura inflitta ai cittadini di Melendugno”.

E rivela: “ Durante le festività natalizie, Tap ha fatto recapitare presso i miei uffici un mestolo fabbricato il legno, ricavato da albero d’ulivo, un affronto, vessillo della nostra lotta contro la Multinazionale del gas;  l’ho appeso alle pareti del mio ufficio, aspettando il giorno in cui vinceremo questa battaglia e lo potremo recapitare al mittente”.
Un pensiero preoccupato, Marco Potì, lo rivolge ai turisti che in questi giorni prenotano le vacanze estive e che, del Salento, apprendono di “una terra requisita dalle forze dell’ordine”. Il Sindaco si fa portavoce delle aspettative per l’azione in sede legale che compete alla Regione Puglia.

L’accusa è mossa a gran voce alla Multinazionale: “ Non sono io che strumentalizzo la questione per finalità politiche, è Tap che entra nella campagna elettorale di Melendugno distribuendo 25 mila euro a molte associazioni per progetti che nessuno ha richiesto, nel tentativo di comprare il consenso”- tuona Potì.

Ad esacerbare gli animi arriva, inoltre, a mattinata inoltrata un tweet di Tap che dal suo profilo scrive: “Non tutti i manifestanti sono pacifici. Ci aspettiamo una ferma presa di distanza da parte delle isituzioni”. Non è ben chiaro cosa arrivi ai dirigenti Tap di quanto accade davanti al cantiere poiché nessuno dalla Multinazionale ha scelto di essere in loco, per preservare la propria incolumità, fanno sapere; tuttavia, sembra essere questa una scelta ragionevole  e condivisibile se si pensa che, sui muri che costeggiano il lungo tragitto di campagna per arrivare al cantiere, campeggiano scritte come: “ Operai Tap infami”.

E questa sarebbe una delle tante altre storie nella storia da raccontare:  quella dei manovali del luogo, arruolati da Tap, per espiantare gli ulivi; gente che fatica tutto il giorno in cantiere e compie dignitosamente il lavoro per cui è pagata. Padri di famiglia, mariti e figli di questa terra che si ribella alla costruzione di un tunnel del gas metano. Gente che sopporta l’odio e gli insulti dei manifestanti soltanto perché, in un Sud in cui di lavoro non ce n’è, non ha rifiutato di firmare il contratto con Tap. 



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