Caso Aldo Moro. Nessun colpo di scena, Mennini conferma ‘mai stato nel covo delle Br’

‘Non ho confessato Aldo Moro, nel covo delle Brigate Rosse’. Antonio Mennini, nunzio apostolico nel Regno Unito, davanti alla Commissione d’inchiesta, ha negato di aver incontrato lo statista democristiano nella prione del popolo, come ipotizzato invece da Francesco Cossiga.

Lì, dove fu processato Galileo Galilei, nel palazzo di San Macuto, l'antica sede delle carceri del Sant'Uffizio, è stato ascoltato dai parlamentari della Commissione di inchiesta che indaga sul rapimento e sulla morte di Aldo Moro, presieduta da Giuseppe Fioroni, Antonello Mennini. Non è la prima volta che il nunzio apostolico vaticano in Gran Bratagna ha ripercorso quegli anni, anzi quei drammatici 55 giorni in cui, forse suo malgrado, si ritrovò coinvolto nell’affaire Moro iniziato con l’ormai nota strage di via Fani.
 
Monsignor Mennini, infatti, aveva già deposto davanti alla Commissione Moro nel 1980 ed era stato più volte ascoltato dalla magistratura italiana tra il 1979 e il 1993, ma nel 1995 si rifiutò di intervenire davanti alla Commissione stragi adducendo come motivazione di non avere nulla da aggiungere rispetto a quanto testimoniato in precedenza, a quanto aveva raccontato per ben sette volte. Questa volta però ha dovuto farlo, è stato direttamente Papa Francesco ad ‘invitarlo’ a testimoniare nel processo, previsto appunto per oggi, rompendo le regole dell’immunità diplomatica di cui godono i nunzi a favore della ricerca della verità. 
 
Nel ’78, Mennini aveva 31 anni ed era un semplice viceparroco della Chiesa di Santa Lucia, nel quartiere Trionfale a Roma. Il suo nome fu accostato a quello dello statista di Maglie sia dall’ex Presidente della Repubblica, Francesco Cossiga, all'epoca dei fatti ministro dell'Interno, sia da uno dei più stretti collaboratori del presidente della Dc, Corrado Guerzoni. Entrambi, in più occasioni, hanno sostenuto di essere certi che Mennini non si limitò solo a recapitare alcune lettere del prigioniero, svolgendo il ruolo di postino tra la famiglia  le Brigate Rosse, ma lo avrebbe addirittura incontrato nella ‘prigione del popolo’ per confessarlo e per impartirgli l'estrema unzione. Insomma, una serie di testimonianze incrociate avrebbero fatto luce su una delle tante ombre che aleggiano sul Caso Moro tanto che Don Antonello fu indicato come il famoso sacerdote che riuscì a vedere per ultimo il politico democristiano, nel covo di via Montalcini prima di essere giustiziato.
 
«Non sono mai stato nella prigione delle Brigate rosse per confessare Aldo Moro» avrebbe dichiarato chiudendo uno con queste parole uno dei misteri più bui d’Italia. Ha confermato, invece, che nei giorni del rapimento fece recapitare alla famiglia e alla moglie Noretta alcune lettere dello statista recapitategli dalle Brigate Rosse. «In ogni caso – ha fatto notare il nunzio apostolico  –  se avessi avuto un'opportunità del genere credete che sarei stato così imbelle, che sarei andato lì dove tenevano prigioniero Moro senza tentare di fare niente? Sicuramente mi sarei offerto di prendere il suo posto, anche se non contavo nulla , avrei tentato di intavolare un discorso, come minimo di ricordare il tragitto fatto. E poi, diciamo la verità di che cosa doveva confessarsi quel povero uomo?».
 
Nessun colpo di scena dunque, anche se le parole conclusive di Don Antonello lasciano aperte molte interpretazioni. Il sacerdote ha, infatti, ricordato che le circostanze e i luoghi della confessione sono coperti dalla “legge divina” su cui nessuno può intervenire, nemmeno il Papa.
 



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