Anche chi non ha visto morire gli ulivi salentini con i propri occhi, ha condiviso il ‘dolore’ degli agricoltori che hanno visto i loro alberi secolari arrendersi dinanzi alla ‘potenza omicida’ di un batterio invisibile dal nome quasi ‘curioso’. La Xylella fastidiosa c’è, non si sa come sia giunta nel Salento, ma è arrivata da chissà dove e ha fatto danni ovunque sia stata portata dalla cicala sputacchina. Non aver ascoltato l’urlo dei contadini davanti a quei rami secchi, a quelle foglie non più verdi, ma rosse come la terra su cui gli alberi affondano le loro radici, è stato uno sbaglio, pagato poi a caro prezzo. Quando ha conquistato gli onori della cronaca, però, le cose non sono migliorate, anzi. Non esiste cura, hanno detto quasi che ‘alzare le braccia’ senza provare a cercare rimedi ‘alternativi’ fosse l’unica soluzione. Anzi un’altra soluzione per impedire l’avanzata del patogeno da quarantena c’è ed è andata in scena nei giorni scorsi ad Oria: l’eradicazione. Le piante contrassegnate dalla croce rossa abbattute a sorpresa sono gli unici dati certi della mattanza. Almeno fino ad oggi quando si è aperto un altro scenario, altrettanto sconfortante. Già, perché dati alla mano pare che nemmeno il 2% del campione degli ulivi salentini analizzati sia risultato positivo alla Xylella. Quasi l’1,8, per l’esattezza. Lo ha dovuto mettere nero su bianco il ministero per le Politiche agricole nella sua relazione ufficiale dal titolo «Misure di contrasto alla Xylella fastidiosa in Italia – Stato di attuazione», del 6 luglio scorso, consegnata alla Commissione europea.
E visto che i fatti, in questo caso i numeri, contano sempre più delle parole le cose stanno così: su quasi 27mila piante analizzate (26.755 per la precisione), solo 612 ulivi sono risultati positivi al batterio killer.
Non solo, siccome la questione è divenuta un caso europeo con Paesi come la Francia e la Spagna che hanno minacciato l’embargo totale sulle specie vegetali italiane ecco che, scrive il ministero nella relazione, «complessivamente in tutta Italia sono state portate a termine quasi 33.600 ispezioni» e «si può dichiarare l’intero territorio italiano ufficialmente indenne da Xylella, a eccezione delle aree delimitate delle Province di Lecce e Brindisi». Da quando è scoppiato l’allarme nella ‘zona infetta’, dei 10.637.454 ulivi censiti solo 875 sarebbero colpiti da Xylella, vale a dire lo 0,0082 per cento. Eppure, si era parlato di un milione di alberi infetti, prefigurando una sorta di distruzione biblica di un patrimonio naturale, storico e paesaggistico dal valore inestimabile. Eppure si è deciso di far diventare legna da ardere gli alberi di Oria e molto probabilmente la stessa sorte toccherà a quelli di Veglie.
Insomma, forse nessuno (almeno non in tempi brevi) riuscirà a fermare la Xylella fastidiosa. Tutti, ma proprio tutti, però, dovrebbero chiedere scusa agli ulivi del Salento. Forse avremmo dovuto curarli, proteggerli, difenderli con più forza. La stessa forza che loro hanno dimostrato di avere, per secoli, quando hanno resistito alle intemperie, all’incuria e all’indifferenza.
Forse nessuno fermerà la Xylella, ma agli ulivi salentini tutti dovrebbero chiedere ‘scusa’
Su 27mila piante analizzate soltanto 612 sono state colpite dalla Xylella fastidiosa, nemmeno il 2 per cento. A metterlo nero su bianco è il ministero per le Politiche Agricole in una relazione, datata 6 luglio 2015, inviata alla Commissione Europea.