«Buongiorno, avete bisogno di oliare le saracinesche? Se vi serve io sono qui a disposizione, passo sempre e chiedo. Tanto a salutare e a chiedere non si disturba mai!»
Si affaccia così nei negozi, con tatto ed eleganza, Antonio. Una vita difficile che ha preso una strana piega quando a Torino, nel lontano Piemonte, lui che è un operaio specializzato della Pininfarina perde il lavoro. Riorganizzazioni aziendali si chiamano, quelle fatte dai potenti manager che mettono certamente a posto i conti delle grandi aziende ma al tempo stesso, forse senza rendersene conto oppure accorgendosene benissimo, distruggono la vita di chi dall’oggi al domani si trova senza uno stipendio, senza la possibilità di pagare un affitto, senza i soldi per andare a fare la spesa.
Crollano le certezze, anche quelle sentimentali. «Mi sembrava di vivere in un sogno, in un incubo anzi. Nel giro di poche settimane ho perso il lavoro e la mia compagna. Ho attraversato un momento difficile, non riuscivo a capacitarmi io, proprio io che ero un bravissimo operaio e che avevo una bella considerazione di me, che ero stato cacciato, scaricato, scartato. Non riuscivo a darmi una mossa e lei…beh lei ha pensato che fossi un perdente, un nulla di buono, un pacco da rispedire al mittente».
Nascono così le storie difficili. Oggi dormi in una camera da letto confortevole e riscaldata nella tua bella villetta a schiera di Torino e domani ti tocca una panchina, sopra a qualche foglio di giornale quando il ferro è bagnato dall’umidità o dalla pioggia. Oggi hai una cucina per prepararti un piatto di spaghetti dopo che ti sei pure divertito a fare il sugo e domani non sai nemmeno se mangerai e se troverai posto in qualche mensa di solidarietà. Oggi hai il tuo bagno, una doccia calda, uno specchio in cui guardarti mentre ti fai la barba e domani devi andare in stazione o in qualche grande negozio per fare semplicemente pipì o per raderti di nascosto.
Sembra sempre che riguardi gli altri il confine sottilissimo tra benessere e povertà e poi invece ti accorgi che è arrivato il tuo maledetto turno.
Gira per l’Italia, Antonio, con l’anima in disordine. Non riesce a darsi pace. «Perché proprio a me?».
Poi ritorna in Salento, a Lecce, in quella città che aveva lasciato a 18anni dopo il diploma, quando era partito in cerca di fortuna verso quel Nord che prometteva di darti il riscatto che al Sud non era possibile.
«Avevo perso i miei genitori quando sono partito e non avevo nulla che mi legava a Lecce. Ma alla fine si ritorna sempre dove hai le radici, dove ti capiscono quando fai una battuta in dialetto».

Il ritorno non è stato un granché, lo aiuta soltanto l’arte di arrangiarsi. Vive con ciò che si guadagna saltuariamente e che serve per pagare un alloggio di fortuna a San Pietro in Lama da dove si muove ogni giorno con la sua bicicletta. Lavapiatti, uomo delle pulizie e all’occasione anche aiuto-cuoco. Poca roba, però. Ecco allora che si va avanti e indietro per la Capitale del Barocco, come pomposamente si chiama la sua città, sulle due ruote per fare sempre la stessa domanda: «Buongiorno, avete bisogno di oliare le saracinesche? Se vi serve io sono qui a disposizione». Qualche euro, qualche spicciolo talvolta e via…via verso un nuovo cliente.
«Sono pochi i maleducati, devo essere sincero. Si capisce che sono una brava persona, basta guardarmi. Chi non mi aiuta è perché non lo può fare perché qui anche se dicono tutti di stare bene in realtà c’è tanta crisi, tanta dignitosa povertà».
È ad Antonio che abbiamo voluto dedicare questo racconto di Natale chiedendo a tutti voi, se ne avete bisogno, di chiamarlo. Antonio è sempre a disposizione, perché la disponibilità è il suo mestiere. Di professione sa essere disponibile.
Lecce si è regalata addobbi magici nel suo salotto buono, carrozze da favola trainate da cavalli luminosi che ti portavano via verso sogni di felicità. Sono immagini belle che solleticano sentimenti di bontà. Se qualcuno pensa di poter regalare un po’ di gioia, lo può fare. Antonio sarebbe contento perché più che i soldi è la sensazione di sentirsi ancora utile che lo fa sorridere. Che non lo fa andare troppo indietro nel tempo, perché non ‘…c’è niente di più triste che in giornate come questa del ricordare la felicità’.
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