Evase dopo la fuga dall’ospedale, confermata in Appello condanna a 10 anni per “Triglietta”

Ricordiamo che l’ergastolano Fabio Perrone, 44enne di Trepuzzi, fuggì il 6 novembre 2015 dal “Vito Fazzi”. Avrebbe prima sfilato la pistola ad una guardia e poi sparato, ferendo un agente. Infine avrebbe sottratto una macchina ad una signora travolgendo un altro poliziotto.

Arriva la conferma della condanna a 10 anni per l’ex latitante ergastolano Fabio Perrone conosciuto come ‘Triglietta’, dopo la fuga con sparatoria dal Vito Fazzi di Lecce.

La sentenza è stata emessa dai giudici della Corte di Appello (Presidente Vincenzo Scardia) che hanno accolto la richiesta del sostituto procuratore generale Claudio Oliva.  L’imputato, assistito dall’avvocato Ladislao Massari, non era presente in aula.

Il processo di primo grado

Ricordiamo che nel novembre scorso, al termine del processo con rito abbreviato, il gup Carlo Cazzella ha pronunciato la sentenza di condanna a 10 anni. ” Triglietta “è stato ritenuto colpevole dei reati di evasione (aggravata dall’uso di violenza e di armi), rapina aggravata, lesioni personali aggravate e detenzione e porto abusivo di armi e munizionamenti).

In quella circostanza, vi è stato il ritorno “blindato” di “Triglietta”nel Salento. Come da copione, si è verificato un imponente dispiegamento di forze dell’ordine per la traduzione dal penitenziario di Castrovillari, all’aula bunker di Borgo San Nicola. Fabio Perrone ha rilasciato per la prima volta dichiarazioni spontanee chiedendo perdono. In particolare, si è rivolto alla  signora, cui aveva sottratto l’auto nell’atrio del “Vito Fazzi”, avanzando le proprie scuse. “Triglietta” ha poi affermato di aver sottratto l’arma, ma di non aver sparato per primo. Voleva la pistola per potersi “difendere” durante la fuga, ma non intendeva utilizzarla in ospedale. Il difensore di Perrone ha chiesto al giudice un trattamento sanzionatorio contenuto, per il proprio assistito. Il legale ha evidenziato l’eccessiva  spettacolarizzazione del suo arresto e, in alcuni frangenti, la mancanza di rispetto dei suoi diritti di detenuto.

L’evasione

Ricordiamo che il 44enne di Trepuzzi fuggì il 6 novembre 2015 dal “Vito Fazzi” dove si era recato grazie ad un “permesso” per sottoporsi ad una gastroscopia. Perrone, mentre si apprestava alla visita medica, avrebbe prima sfilato la pistola dalla fondina di una guardia giurata e poi sparato all’impazzata, ferendo un agente ad un gamba. Arrivato nell’atrio del Ospedale avrebbe sottratto una macchina ad una signora, per poi allontanarsi a tutta velocità, travolgendo nella fuga un altro poliziotto. Venne riacciuffato all’alba del 9 gennaio del nuovo anno a Trepuzzi, il paese che gli ha dato i natali, dopo oltre due mesi di latitanza, dagli uomini della Squadra Mobile di Lecce e della Polizia Penitenziaria, coordinati dal sostituto procuratore Stefania Mininni.

La latitanza

Pare acclarato che Triglietta, durante la latitanza, si sia avvalso della copertura e dell’aiuto concreto di una vasta rete di fiancheggiatori (per ottenere cibo, soldi e rifugi) e addirittura dell’ausilio di un infermiere per le cure alla ferita rimediata durante la fuga. Ma anche armi, visto che Perrone fu trovato in possesso di un Kalasnikov, proveniente presumibilmente dagli ambienti criminali della Scu.

Ricordiamo infatti, che Stefano Renna, 33enne di Trepuzzi proprietario di un bar, nei mesi scorsi ha patteggiato a 3 anni e 6 mesi, poiché accusato di favoreggiamento e detenzione illegale di armi e munizioni da guerra. Questi è il proprietario dell’appartamento di via 2 giugno, dove venne arrestato Perrone.

Il processo per omicidio

“Triglietta”era stato condannato alla pena dell’ergastolo dal gup Simona Panzera ed in seguito , evase dal carcere proprio mentre scontava la pena inflittagli in primo grado. Il 44enne è l’omicida reo-confesso del cittadino montenegrino Fatmir Makovic e l’autore del ferimento del figlio, avvenuto all’interno del bar “Gold” di Trepuzzi.



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