«Possedere non è¨ amare». Quando l”™uomo smette di essere Uomo

Maria Mancarella prova a spiegare il perchè© di alcune efferatezze maschili. In meno di 48ore due notizie hanno sconvolto l”™Italia: l”™arresto di Massimo Giuseppe Bossetti, il presunto assassinio di Yara Gambirasio e di Carlo Lissi, l”™uomo che ha sgozzato moglie e figli.

Basiti. Ammutoliti. In silenzio… Tutti sono d’accordo, per strada o sui social network. Così di fronte alle notizie di cronaca balzate sulle prime pagine dei giornali negli ultimi giorni, l’Italia per una volta si ritrova unita nella «condanna»: non esiste persona, giovane o anziana che sia, che non condivida lo sdegno e il ribrezzo. Perché di fronte alla brutalità umana non resta altro da fare se non indignarsi, almeno quello.

In meno di 48ore sono stati spesi fiumi di parole, commenti, analisi scritti nero su bianco ma quello che manca, sempre, è un banalissimo «perché»!

Lo stesso interrogativo che ha posto  Maria Cristina Omes mentre il marito la sgozzava con un coltello recuperato in cucina. «Sgozzava» non esiste altro termine che renda l’idea.  Ma visto che al peggio non c’è mai fine ecco che Carlo Lissi, l’uomo per bene diventato improvvisamente un efferato criminale non si è limitato, sempre che giustificazione ci sia, ad uccidere la compagna di una vita dopo aver avuto con lei un rapporto sessuale ma ha riservato lo stesso brutale ed inspiegabile trattamento anche ai figli di cinque anni e appena 20 mesi. Senza un attimo di esitazione il padre di famiglia è diventato un padre assassino.

Non contento, il bel commercialista a cui nulla mancava, si è fatto una bella doccia, si è vestito e si è recato al bar per guardare con gli amici l’attesissima partita di mezzanotte tra Italia e Inghilterra: ha esultato al gol di Marchisio, si è rammaricato del pareggio dei britannici, ha inveito perché Candreva ha preso un palo, infine ha festeggiato per il punto segnato da Balotelli che ha sancito la vittoria degli azzurri. E solo quando è tornato a casa, a notte ormai fonda, ha avvisato i carabinieri facendosi vedere, maldestramente, disperato che la sua famiglia era stata massacrata. Massacrata per cosa?  Pare per una passione travolgente per una collega di lavoro, che tra l’altro neppure ricambiava. Bastasse a spiegare lo sterminio della sua famiglia.

«Schifezza d’uomo» scrive Vittorio Feltri in un bellissimo editoriale su «il Giornale». Già,  ma ciò che fa maggiormente riflettere è che la schifezza d’uomo era vestito da uomo qualunque. Prima e dopo. Perché è vero che nei film, quelli che dovrebbero essere ben lontani dalla realtà, solitamente il “mostro” è l’insospettabile ma sapere che il marito modello chiuso in isolamento, tra le mura della sua cella, «non tradisce nessuna emozione» fa rabbrividire. Neanche al termine di quei lunghissimi venti minuti di confessione, pare abbia versato qualche lacrima. Niente di niente. La famiglia era un problema, una gabbia, un ostacolo che voleva eliminare. «Ma non le bastava il divorzio?», ha chiesto il magistrato. «No. Con il divorzio i figli restano». Agghiacciante.

Anche Pietro Maso, 23 anni fa, era andato in discoteca dopo aver ucciso i genitori per impossessarsi dell'eredità ma a certe dinamiche non ci si abitua mai. Mai. L’unica cosa che resta da fare quando è impossibile capire, trovare spiegazioni di fronte ad un fatto così inspiegabile, è invocare il massimo della pena, come da lui stesso chiesto alle due di notte. E sperare che venga inflitta.

In queste ore, però, ad essere sbattuto in prima pagina è un'altra «schifezza di uomo». L’assassino o meglio il presunto assassino di Yara Gambirasio, la ragazzina di Brembate uccisa qualche anno fa, nel 2010 e ritrovata qualche mese dopo in un prato a Chignolo d'Isola, a una decina di chilometri da dove era sparita nel nulla. È un tizio sposato con tre figli. Un'altra schifezza di uomo? Forse. Per ora tutti gli indizi raccolti in questi 3 anni sembrano ricondurre a Massimo Giuseppe Bossetti,  muratore di 44 anni, incensurato, dalla vita apparentemente normale. Ma su di lui c’è la presunzione di innocenza, almeno fino a prova contraria.

«Sono due cose molto diverse tra di loro – spiega Maria Mancarella, docente di Sociologia della famiglia e politiche sociali all’Università del Salento  – nel caso di Yara Gambirasio non abbiamo alcuna informazione per capire quali possono essere gli elementi che hanno scatenato una furia di quel genere mentre nell’altro caso, quello di Motta Visconti (Milano) c’è una confessione vera e propria e dunque un quadro un po’ più preciso».

«Credo – continua la sociologa,  esperta nel campo delle relazioni familiari, della mediazione famigliare e degli studi di genere – che l’attenzione debba essere messa nel rapporto uomo-donna, al di là della famiglia e del contesto in cui il rapporto si struttura. Un rapporto in cui si scambia il possesso per amore, soprattutto nel caso di Milano. In realtà, solitamente a far scattare la molla il più delle volte in questo genere di omicidi è  il rifiuto di sottostare ad un modello di relazione uomo-donna incentrato sull’idea che le donne sono di proprietà di un uomo e che non possono consentirsi la libertà di rifiutare. Lissi in maniera aberrante ha pensato di risolvere il “problema” eliminando la sua famiglia che gli è sembrata un ostacolo ma non cambia il principio che lega questi comportamenti apparentemente assurdi. Fortunatamente le donne oggi hanno smesso di accettare questo modello di relazione, non lo concepiscono, non lo accettano più come amore. Anche a Brembate, molto probabilmente è stato il desiderio di possedere la bambina a far scattare il raptus nella testa dell’omicida».

«Qui si tratta veramente di capire che deriva tragica sta prendendo il rapporto uomo-donna – conclude la professoressa Mancarella – dal punto di vista della sovrapposizione al sentimento che loro chiamano amore con altri sentimenti che invece sono desideri di potere, di possesso, di incapacità ad accettare il rifiuto. E non è un caso che siano sempre gli uomini  i responsabili di efferati crimini. Certo non mancano casi in cui sono le donne ma sono una percentuale bassissima. L’unica speranza per il futuro è quella di educare i propri figli maschi a rispettare le donne senza pretendere di imporre il proprio modello, semplicemente perché lo considerano l’unico giusto e migliore. È l’unica speranza che possiamo avere perché non serve invocare la pena di morte, l’inasprimento delle pene, insomma atteggiamenti giustizialisti ma non sono le pene a fungere da deterrente. Bisogna prevenire prima che punire, iniziando dalle giovani generazioni, aiutandoli a crescere coltivando rapporti più rispettosi».

Come scrive Feltri «Siamo incapaci di intendere e di comprendere. Non sappiamo dire di più. C'è poco da commentare, lasciateci piangere. E così sia». E forse come dice giustamente la professoressa Mancarella, iniziare da quelli che saranno gli Uomini di domani. Quelli con la U maiuscola.



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