Interdittiva antimafia a Gial Plast. Cobas: “colpisce lavoratori innocenti”. E chiede il ripristino dell’art. 18

I rappresentanti Cobas di Lecce e Brindisi hanno scritto una lettera al Governo (e non solo) per chiedere il ripristino dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori.

Mettere fine a quella che definiscono una vera e propria «ingiustizia lavorativa». È questa la richiesta avanzata dai rappresentanti Cobas di Lecce e Brindisi che hanno scritto direttamente al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte al Ministro del Lavoro e vicepremier Luigi di Maio e al ministro della Giustizia Alfonso Bonafede.

Nella missiva a firma di Giuseppe Pietro Mancarella e Roberto Aprile si chiede il ripristino dell’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori che permetterebbe di reintegrare quei lavoratori licenziati illegittimamente. Insomma, coloro che hanno perso il posto di lavoro ingiustamente. Esattamente quello che, secondo le Confederazioni, è accaduto al personale del servizio di igiene ambientale impiegato presso i vari Comuni delle Province di Lecce, Brindisi e Foggia, sul piede di guerra dal 29 marzo.

Lo stato di agitazione, come noto, è legato alle sospensioni cautelative fatte da Gial Plast, azienda con sede a Taviano attiva nel settore rifiuti e titolare del servizio di raccolta in molti salentini (e non), colpita da «interdittiva antimafia». Mentre la società prepara la sua difesa contro il provvedimento, ritenendolo “sproporzionato” per un’azienda che, nel corso della sua storia imprenditoriale, si è contraddistinta per la correttezza e la trasparenza dei comportamenti, sono scattati i primi licenziamenti. Al momento, trenta. Tutti “ingiusti” secondo Cobas, perché negano il diritto al lavoro a persone che hanno commesso qualche sbaglio, in passato, ma si sono reinserite da decine di anni nel mondo del lavoro.

«Naturalmente si deve il massimo rispetto all’interdittiva antimafia e al lavoro svolto da Questura e Prefettura di Lecce – si legge – solo che bisogna vigilare affinché il datore di lavoro non vada a colpire lavoratori che non hanno commesso di recente alcun reato attinente all’aspetto mafioso».

«Questi licenziamenti di personale con precedenti penali – continuano i rappresentanti – sono particolarmente dannosi in quanto, pur se eventualmente riconosciuti illegittimi dal giudice del lavoro, sfociano comunque in licenziamenti definitivi dovuti al fatto che il datore di lavoro pagando solo alcune mensilità avrà comunque reciso il rapporto di lavoro, per l’assenza dell’originario art. 18 dello Statuto dei Lavoratori che prevedeva l’obbligo del reintegro sul posto del lavoro».

Per questo, le Confederazioni chiedono un interessamento sulla vicenda e auspicano la reintroduzione dell’art.18 nella sua stesura originaria.



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