ELF, la lingua di tutti e di ciascuno. Un convegno all’Università del Salento

Iniziato il 4 dicembre si conclude oggi il convegno internazionale “Uses of English as a Lingua Franca in domain-specific context of intercultural communication”, presso l’Ateneo salentino.

Si conclude oggi il convegno dal titolo “Uses of English as a Lingua Franca in domain-specific context of intercultural communication” che si è tenuto a cominciare da mercoledì presso l’Ateneo dell’Università del Salento. La tematica al centro degli interventi delle giornate del convegno è l’uso dell’inglese come lingua franca, come strumento di comunicazione internazionale fra persone di diversa madre lingua, come strategia per superare le differenze linguistiche nell’esistere quotidiano.

La conferenza nasce dal lavoro appassionato di Maria Grazia Guido, docente di Lingua e Traduzione inglese presso l’Università del Salento, nonché coordinatrice del Dottorato internazionale in Lingue, Letterature e Culture moderne e classiche e Direttrice del Master in Mediazione interculturale in materia di Immigrazione e Asilo. La tematica dell’uso dell’inglese come lingua franca ha costituito un’occasione di incontro e confronto tra gli studenti dei licei linguistici, gli studenti delle facoltà umanistiche dell’Università del Salento e  gli studiosi di ELF (English as a Lingua Franca) provenienti dall’Università del Salento, l’Università di Milano, l’Università di Palermo, l’Università di Modena, l’Università di  Verona, l’Università di Roma Tre, La Sapienza di Roma, l’Università ‘Ca Foscari di Venezia, l’Università di Foggia, l’Università di Bari, l’Università della Calabria. Tra gli ospiti internazionali Henry Widdowson e Barbara Seidlhofer dell’Università di Vienna e Martin Dewey del King’s College di Londra.

ELF, English as a Lingua Franca, inglese come lingua franca, dunque.

In “Frammenti di un discorso amoroso” Roland Barthes scrive: “Il linguaggio è una pelle: io sfrego il mio linguaggio contro l’altro. È come se avessi delle parole a mo’ di dita, o delle dita sulla punta delle mie parole”.

Parlarsi è come toccarsi. Significa sentirsi vicini, avvertire la presenza altrui, elaborare una prossimità. Ma perché la comunicazione funzioni è necessaria la comprensione reciproca. Il linguaggio è la condizione essenziale delle relazioni umane, è espressione di identità, di appartenenza. E nella realtà di questo tempo, multiculturale e interculturale, accade inevitabilmente che persone che abitano una diversa lingua si incontrino. Si incontrano i loro sguardi, le loro culture, le loro storie, le loro credenze, i loro bisogni e i loro sogni, le loro paure. E una lingua franca è il mezzo per non sentirsi distanti, è un rifugio sicuro dal silenzio di un incontro con una lingua sconosciuta, estranea. Usare una lingua franca significa tentare di toccare l’altro, di farsi capire dall’altro, di pronunciare parole che per l’altro avranno un senso. È una lingua che prende la forma che gli interlocutori vogliono darle, flessibile, che risponde alle esigenze di colui che parla e di colui che ascolta. È una lingua determinata da un processo creativo che varia in base al momento, alla memoria, alle conoscenze condivise, alla cultura, alle esperienze. È una lingua che nasce all’interno di pratiche socioculturali: è la lingua di due fidanzati di nazionalità diversa, di compagni di scuola di nazionalità diversa, dei migranti nei primi contatti con i mediatori culturali, degli studenti Erasmus.

ELF è la lingua che nasce in qualunque contesto in cui siano presenti persone con lingue diverse. ELF è la vittoria sulla confusione di Babele, sulle differenze linguistiche, sulle diversità culturali, sulle distanze geografiche.



In questo articolo: