Non poteva che lasciare strascichi la notizia del ‘ritrovamento’ di farmaci e devices scaduti in alcuni reparti dell’Ospedale “Vito Fazzi” di Lecce. Dopo la visita dei NAS, la preoccupazione è tanta, soprattutto per i pazienti che frequentano o hanno frequentato il nosocomio del capoluogo barocco. Ma l’Ordine dei Medici di Lecce, ente che dovrebbe garantire la qualità e la sicurezza delle cure, non ci sta ad ascoltare le polemiche senza ribattere. Così, in una nota a firma del Presidente Donato De Giorgi si sofferma su alcune riflessioni, inevitabili anche per evitare timori e allarmismi.
Parte da lontano l’Ordine per arrivare al cuore della questione sono alla fine. La filiera che si trova a monte dell’utilizzo del farmaco (o devices) è lunga e complessa: dall’industria produttrice al paziente e per ogni step sono previsti controlli specifichi e puntuali. Questo, a loro dire, significa solo “moltiplicare” le responsabilità.
«È evidente – si legge – che se qualcuno ha sbagliato (per omissione, superficialità, ecc.) dovrà rispondere nelle sedi opportune e siamo convinti che la Asl saprà essere, come sempre, intransigente e corretta, anche nel fornirci eventuali elementi sanzionatori che dovessero risultare a carico di nostri iscritti».
Un’altra puntualizzazione importante: «La presenza di materiale scaduto non equivale al suo utilizzo, specialmente quando è riposto in zone “lontane” dallo svolgersi delle abituali procedure, ma vi è naturalmente un maggior rischio (sebbene molto remoto) che questo possa realmente avvenire o sia avvenuto. Evitando processi e sentenze sommarie saranno solo le indagini a stabilire con certezza cosa sia accaduto, tramite il sistema della tracciabilità (un ulteriore sistema per la sicurezza del cittadino, che consiste nella documentazione in cartella, tramite un talloncino che accompagna il prodotto “monouso” o certifica la sterilità del dispositivo “poliuso”)».
C’è poi il lato economico, legato allo spreco di prodotti (spesso costosi) che scadono, senza essere utilizzati. «Il problema – si legge – non è di semplice soluzione, né limitato alla sanità». Insomma, secondo l’Ordine dei Medici la presenza di farmaci o altro materiale scaduto, se in misura limitata, potrebbe essere inevitabile. «Siccome risulta che in effetti la quantità dei prodotti in scadenza o scaduti sia assolutamente irrisoria, ciò deve essere ascritto ad una intelligente gestione di Farmacisti, Amministratori, Coordinatori, Medici, ecc».
«D’altra parte la rilevanza del problema travalica il contesto sanitario, dove da tempo siamo abituati ed attenti all’utilizzo efficiente delle risorse, per investire un aspetto non trascurabile culturale, sociale ed economico: la pericolosità e negatività della “cultura dello scarto” potrebbe essere solo rappresentata in maniera paradigmatica da quanto cibo buttiamo, mentre siamo infastiditi da chi letteralmente muore di fame».
La Asl di Lecce, in ogni caso, ha avviato un’indagine per fare luce sulla vicenda. Quindi solo il tempo potrà spiegare cosa sia accaduto in alcuni reparti del Fazzi.
La nota termina con una frecciatina alla comunicazione più ‘propensa’ a parlare della cattiva sanità, descritta come un ‘mostro’, come una trappola insicura per i cittadini piuttosto che dare risalto alla buona sanità.
«Sappiamo bene – concludono – che una foresta che faticosamente cresce non fa rumore, né notizia, ma siamo sicuri che il silenzio dei “piccoli” eroismi di tantissimi operatori sanitari, i successi quotidiani nascosti con dignità, i miracoli realizzati con discrezione nel disagio, l’umiltà di imparare dagli errori sono la qualità vera che diamo alla nostra nobile professione, offerta come servizio al cittadino, è il valore stesso che attribuiamo alla salute e alla vita».
«Il rischio zero non esiste in nessuna attività umana. Anche se ci dimostrano con dati alla mano che l’aereo è il mezzo di locomozione più sicuro, non si può evitare, sia pure per un attimo, di pensare al volo come ad una incerta avventura. La Medicina (e soprattutto la chirurgia) ha imparato molto dalle scienze legate alla sicurezza cibernetica (basti pensare alle check-list operatorie) per ridurre al minimo possibile il rischio, istituendo molti e accurati controlli».
