In un ulivo c’è il passato, il presente e il futuro. I giovani di Parabita in campo per difenderli

Alcuni giovani di Parabita tra i 12 e i 25 anni sono scesi in capo per difendere gli ulivi. E quale modo migliore per farlo se non andando ad ascoltare le testimonianze dei vecchi agricoltori?

La Xylella fastidiosa, il batterio killer originario della California che ha letteralmente fatto strage degli ulivi del Salento soprattutto nelle campagne tra Gallipoli e Santa Maria di Leuca, se si guarda il bicchiere mezzo pieno, ha forse un piccolo merito: quello di aver fatto riscoprire il valore di questi alberi secolari spesso e volentieri dimenticati dall’uomo. Un vero e proprio patrimonio naturalistico nascosto tra i muretti a secco, amato da chi la terra l’ha lavorata con sudore e fatica e ammirato da chi questa terra l’ha visitata per la prima volta.
 
Il “parassita” chiamato non a caso fastidioso per la difficoltà di scovarlo e trasportato di pianta in pianta dalla “cicala sputacchina”, insetto vettore come lo definiscono gli esperti è riuscito ad accendere i riflettori ed ora tutti, ma proprio tutti, si interessano agli ulivi del Salento simbolo e identità di un luogo minato nel suo dna. Tralasciando il modo in cui l’emergenza è stata ed è affrontata, gli errori che sono stati commessi e la superficialità con cui si è affrontata la malattia è bello constatare che improvvisamente tutti hanno riscoperto di amare questo territorio, di avere un legame profondo con questi monumenti naturali, tanto da difenderli con tutti i mezzi possibili. Tante le iniziative che in queste settimane stanno animando piazze reali e virtuale come quella di un gruppo di ragazzi di Parabita che ha deciso di dire la sua creando una campagna in difesa degli ulivi dal titolo « Difendiamo il Passato, il Presente e il Futuro».
 
Giovani, dai 12 ai 25anni, che hanno deciso di andare in giro per il paese a sentire le opinioni di chi, questi alberi li ha coltivati e visti crescere: gli anziani contadini.
 
«Durante i loro racconti – ci racconta Francesco Solidoro  – sui loro volti trapelavano orgoglio misto ad amarezza per ciò che sta accadendo. Ci ha colpito molto un anziano contadino che ha spiegato le differenze di coltivazione e raccolta delle olive di una volta rispetto ad oggi. Altri, invece, ci hanno illustrato i metodi di prevenzione usati dai loro padri che andavano dal solfato di rame alla calce in granuli che preparavano la sera a fine giornata per essere utilizzata il mattino successivo».
 
Il malcontento c’è e si vede, ma oltre agli ulivi non deve morire la speranza di vederli tornare produttivi e rigogliosi come un tempo.
 
«Questo è un problema morale, culturale ed economico al quali pochi stanno dando la giusta importanza, ma non parlo di Xylella in sé per sé, ma del fatto che nessuno si sta accorgendo che noi del “Basso Salento” siamo stati dimenticati dalle istituzioni competenti. Non ci bastano i “Piani di contenimento della diffusione di Xylella fastidiosa”, – continua – noi vogliamo che gli organi competenti vengano nei nostri fondi, non per eradicare i nostri alberi, ma per discutere insieme su un piano più serio e ferreo da affrontare in quanto sono tanti i contadini che si lamentano del fatto che, pur attuando alla lettera le misure previste dal piano, sono costretti a fare i conti col terreno vicino che è stato abbandonato. Le proposte più ragionevoli sarebbero o dare in affidamento allo Stato i fondi abbandonati oppure  dare un incentivo alle piccole aziende agricole in modo tale che loro stesse possano impegnarsi  ad attuare le misure previste da piano nelle campagne confinanti abbandonate. Solo così potremo viaggiare tutti nella stessa direzione».
 
«A noi ragazzi – conclude Francesco Solidoro – non resta altro che difendere il nostro futuro con le unghie e con i denti, nel territorio ci crediamo e il coraggio non manca, vogliamo solo essere resi più partecipi delle decisioni che decideranno il nostro futuro».
 
#difendiamogliulivi



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