
In questa domenica speciale tutti si scambiano gli auguri, più o meno consapevoli del gesto che compiono, ma va ricordato che la Pasqua è innanzitutto una festa religiosa, anzi esclusivamente una festa religiosa.
La Pasqua di Resurrezione, dall’Ebraismo al Cristianesimo è una festa in cui si condensa e si riassume il travaglio delle Sacre Scritture e, da sempre, costituisce il punto più alto della fede dei credenti in Cristo. La festa ricorda la vicenda storica di Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret, che, nell’anno 30 del tempo cristiano, all’età di 36 o 37 anni, fu processato e mandato a morte dall’autorità romana che governava la Palestina per essersi proclamato re dei Giudei. Un’accusa di lesa maestà nei confronti dell’imperatore di Roma che gli costò l’ignominiosa condanna alla crocefissione.
Ciò che nessuno aveva previsto, nemmeno i seguaci del nazareno, fu il suo ritorno dal mondo dei morti, ovvero la sua resurrezione, come raccontano i Vangeli e gli Atti degli apostoli e come ci riporta da secoli la Tradizione cristiana.
Pur nel suo valore universale la Pasqua è quindi una festa religiosa, la festa dei credenti in Gesù Cristo, figlio di Dio. Per altri potrebbe essere un fatto contestabile o irrilevante, per i cristiani è il fondamento della loro fede, il pilastro su cui si costruisce l’esistenza di ogni battezzato.
Dalla Pasqua derivano tutte le altre feste, trae significato il battesimo e ricava senso il matrimonio religioso, fino alla stessa morte, introdotta in maniera unica ed originale nell’antro dell’eternità della vita. La pietra scaraventata via dal sepolcro ha dischiuso una possibilità mai data prima ad ogni uomo e reso immortale il passaggio terreno dei redenti in Cristo.
Ma quanto oggi, questo patrimonio pasquale, viene difeso e custodito dai cristiani? Quanti hanno compiuto gesti di devozione o partecipato alla preghiera comunitaria in chiesa? Quanti si sono accostati ai sacramenti, quanti hanno letto e proclamato la sacra scrittura su cui poggia l’impalcatura della vita cristiana?
Di certo in numero inferiore di quanti si sono scambiati gli auguri di persona o per telefono, di quanti hanno acquistato o regalato un uovo di cioccolato, di quanti hanno vissuto giorni di ferie dal lavoro in questa settimana, e di quanti nella giornata di Pasquetta fanno la tradizionale scampagnata.
Gli auguri sono una consuetudine di ogni festa laica o religiosa che sia. Ma la Pasqua non è una festa qualsiasi, banalizzarne il significato è un dannoso artificio. È banale augurare fortuna come si farebbe ad una festa di laurea, è banale augurare salute come si fa nel giorno del compleanno, è banale augurare pace e serenità quasi fosse la festa della Liberazione del 25 aprile. Sono altri i segni da compiere e i gesti che producono reali benefici, ma questo molti cristiani non lo sanno, o preferiscono dimenticarlo.
Le contraddizioni sono numerose ed evidenti. Prendiamo la domenica delle Palme, giorno in cui interi eserciti di fedeli si affrettano a raggiungere il luogo della benedizione dei ramoscelli d’ulivo, in numero talvolta superiore a quelli che partecipano alla celebrazione della stessa Pasqua. Il rito esteriore e folkloristico della benedizione delle palme è fortemente attrattivo e si vede. Poi molti vanno via senza partecipare alla Messa, convinti di aver fatto una buona azione e di aver messo da parte una buona dose di provvidenza con l’amuleto di turno, inconsapevoli della vacuità di quel gesto, quando questo è slegato dalla celebrazione comunitaria in chiesa.
Per non parlare della passeggiata, stile movida del sabato sera, del giovedì santo, per visitare gli altari dell’eucarestia scambiati per sepolcri, con i giornali che parlano di Gesù riposto nel sepolcro, quando invece la morte del Cristo viene liturgicamente ricordata e celebrata 24 ore dopo. Una confusione incredibile insomma…
E ancora la partecipazione in massa ai riti del venerdì santo, con le processioni dei misteri che ormai somigliano a rappresentazioni teatrali o a sagre di paese, con tanto di baracche e baracconi che vendono panini e birra come avviene alla Notte della Taranta.
Per fortuna ci sono ancora chiese affollate, tanti alla messa del giovedì santo, tanti anche la mattina di Pasqua, a testimonianza del fatto che nonostante tutto c’è ancora chi crede, vive e condivide con gli altri un tempo di grazia unico e irripetibile.