Una persona su tre si sposterà con un proprio mezzo motorizzato nel caso di una nuova ondata pandemica, con una crescita di otto punti percentuali rispetto al periodo pre-Covid.
A dirlo è il report “Indagine nazionale sulla mobilità casa-università al tempo del Covid-19” realizzato dalla RUS – Rete delle Università per lo Sviluppo Sostenibile, che ha analizzato il comportamento di 85mila persone rappresentative della popolazione accademica. L’indagine, avviata lo scorso luglio e ancora in corso presso alcune università, si è basata su un questionario somministrato on-line agli studenti, ai docenti e al personale tecnico-amministrativo di 44 atenei italiani (cui si aggiungeranno i risultati di altre 13 università).
Del gruppo di lavoro che ha curato l’indagine fanno parte i docenti dell’Università del Salento Maria Antonietta Aiello, Alberto Basset e Gianpaolo Ghiani, che sottolineano: «Il nostro Ateneo ha voluto contribuire all’indagine aderendovi subito con entusiasmo. Metteremo a breve a disposizione della governance di Ateneo, dell’intera comunità accademica e degli enti territoriali anche i dati locali, nella convinzione che le informazioni raccolte saranno preziose per contribuire a coordinare al meglio le esigenze degli studenti e del personale con l’accessibilità alle sedi universitarie».
I principali risultati dell’indagine
Gli scenari ipotizzati nel questionario sono due: il virus è pressoché debellato e i contagi sono ridotti; il virus è ancora pericoloso, il contagio è rallentato ma prosegue.
Il campione preso in esame coinvolge la comunità accademica di riferimento ed è composto per circa il 79 per cento da studenti, circa l’11 per cento da docenti o ricercatori e circa il 10 per cento da personale tecnico-amministrativo.
La frequenza in università post-lockdown: cosa cambia?
Il 66 per cento delle persone che ha risposto al questionario continuerà a recarsi in università, per ragioni di lavoro o di studio, se il rischio sanitario sarà minimo. Scenario che cambia totalmente in caso di un quadro più pessimistico: se il virus tornasse ad aggredire come nei mesi scorsi, il 61 per cento delle persone intervistate si recherebbe nel proprio Ateneo solo quando strettamente necessario. La distribuzione percentuale delle risposte rimane uniforme nelle quattro aree geografiche prese in esame (nord-ovest, nord-est, centro, sud e isole), suggerendo che la percezione del rischio è molto sentita e non differisce in modo significativo all’interno del Paese.
I cambiamenti di abitudine negli spostamenti
Il trasporto pubblico è il mezzo che subirà il maggior calo in termini percentuali, probabilmente anche a causa del ridotto coefficiente di riempimento dei mezzi imposto dai provvedimenti governativi al fine di garantire il distanziamento sociale (60 per cento dello spazio a disposizione al momento della rilevazione, attualmente innalzato all’80 per cento). Tuttavia, secondo le previsioni, in uno scenario di ridotto rischio sanitario, la domanda verso il trasporto pubblico si riduce di soli quattro punti percentuali; il calo diventa più significativo (-10 per cento) nello scenario più pessimistico. In entrambi i casi, il mezzo che sceglierebbero gli intervistati in sostituzione del trasporto pubblico sarebbe l’automobile privata e in misura più marginale la mobilità attiva (a piedi, in monopattino o in bici).
In termini relativi, la quota che userà l’auto si incrementa di più al Nord, dove era più bassa grazie a servizi di trasporto pubblico più capillari e frequenti, ma anche dove la crisi sanitaria è stata più drammatica.
Osservando nel dettaglio come si prevede cambieranno le abitudini di viaggio sul percorso casa-università per l’anno che sta iniziando nei due scenari ipotizzati, è possibile prevedere che nella stragrande maggioranza dei casi coloro che si recavano in università a piedi e in bicicletta continuerà a farlo. Così come quella di coloro che lo facevano con l’automobile privata. I cambiamenti più significativi si avranno tra gli utenti del trasporto collettivo: nello scenario più critico circa il 20 per cento degli utenti del trasporto pubblico cambierà scelta modale, passando all’uso dell’auto propria nel 13 per cento dei casi e alla mobilità attiva nel 6 per cento.
«È su queste quote che le politiche di mobilità devono e possono incidere», conclude Matteo Colleoni, coordinatore del gruppo di lavoro, «sia incentivando un più ampio ricorso alla mobilità attiva, che limitando, con adeguate misure di aumento dell’offerta e gestione dei mezzi, l’abbandono del trasporto pubblico».