Case e voti? La rivolta degli “amici di Pasqualini”. Volevano occupare il Comune

È quanto emerge nell’ordinanza del Riesame, con cui viene confermata la misura cautelare degli arresti domiciliari, nei confronti del consigliere dimissionario di Palazzo Carafa, Luca Pasqualini.

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Gli “amici di Pasqualini” volevano protestare con azioni forti come l’occupazione del Comune, per il ritardo nell’assegnazione degli alloggi di Via Potenza. È quanto emerge nell’ordinanza del Tribunale del Riesame (Presidente Silvio Piccinno, relatore Pia Verderosa, a latere Anna Paola Capano), con cui viene confermata la misura cautelare degli arresti domiciliari, nei confronti del consigliere dimissionario di Palazzo Carafa, Luca Pasqualini.

Il giudice estensore richiama una conversazione tra Attilio Monosi e Roberto Marti (Parlamentare della Repubblica, per il quale si procede a parte ed indicato con omissis). L’ex assessore Monosi riferisce che “Volevano occupare il Comune… ho detto se occupate il Comune… in tre secondi prendo la determina davanti a voi e la strappo”.

In pratica, ritiene il Riesame, alcuni cittadini che costituivano il vasto bacino elettorale di Pasqualini ed ai quali erano stati assegnati gli immobili di Via Potenza, si lamentavano del fatto che i lavori non erano stati ultimati e mancavano l’allaccio alla luce ed al gas.

Inoltre una di loro, ovvero Monica Durante, “collettore di voti” per Pasqualini, sapendo delle minacce di Monosi, intenzionato a strappare la suddetta determina, afferma che doveva stare molto attento “cioè che dico se tu vai a dire alla gente io faccio decadere… e… deve stare molto attento a quello che dice… fa decadere… casomai gli salta la poltrona a lui… poi… che gli tocca proprio uscire dal Comune”. Inoltre la stessa Durante rincara la dose e rivolgendosi a Pasqualini afferma “se fino alle prossime elezioni non risolvi niente io questa volta non ti voto”.

Intreccio “casa e voti”

E sullo stretto intreccio tra questione casa e voti, il Riesame nell’ultima parte del provvedimento, afferma che “È evidente che siccome nel giugno del 2017 vi sono state le elezioni amministrative per il Comune di Lecce, gli odierni indagati, ed in particolare Monosi, Pasqualini e Torricelli, hanno perseverato nella volontà di mantenere il controllo del consenso elettorale di coloro che erano in attesa di un alloggio, attraverso il ritardo della pubblicazione della nuova graduatoria”. Dunque, come aveva già sottolineato il gip Gallo nell’ordinanza di custodia cautelare, si sarebbe creata un’associazione a delinquere fondata su “un patto di non belligeranza, tra politici di opposti partiti”.

Il Riesame si sofferma anche sulla presunta vicenda corruttiva legata all’assegnazione di un immobile, in cambio di prestazioni sessuali. Dalle intercettazioni ambientali risulterebbe che in due occasioni, tra l’assessore e la signora, siano intercorsi rapporti sessuali all’interno dell’ufficio di Pasqualini.

Infine, il giudice Verderosa si esprime su alcune questioni tecniche come la presunta inutilizzabilità delle intercettazioni, in cui compare il nome del Senatore della Repubblica, Roberto Marti, affermando, che tale tesi non può essere sostenuta e afferma “Nel caso in esame, il collegio condivide le valutazioni del gip, in quanto si verte nell’ambito di intercettazioni così dette casuali o fortuite”.

Le esigenze cautelari

A conclusione dell’ordinanza, il Riesame si sofferma sulle esigenze cautelari. Occorre ricordare che nell’udienza camerale delle scorse settimane, la difesa di Pasqualini, rappresentata dall’avvocato Giuseppe Corleto, aveva chiesto l’annullamento della misura degli arresti domiciliari, attraverso una serie di puntuali ed articolate argomentazioni. In quella sede avevano discusso anche i pubblici ministeri Massimiliano Carducci e Roberta Licci, i quali avevano anche presentato Appello, chiedendo il carcere per Pasqualini  (istanza rigettata dal Riesame).

I giudici della Tribunale delle Libertà hanno, però, rigettato anche le richieste della difesa, poiché “sussiste il pericolo dell’inquinamento probatorio e il pericolo di commissione di reati della stessa specie. Infatti sarebbe emersa “una capacità non comune di Pasqualini di alterare la realtà fattuale, di predisporre documentazione falsa per dare un’apparenza di legittimità ad un sistema endemicamente illecito ed appiattito sui propri interessi personali ed egoistici, in spregio degli interessi pubblici sottesi all’ufficio ricoperto”.

I giudici parlano inoltre di “pericolo della reiterazione del reato” tenuto conto delle allarmanti modalità del fatto nonché della personalità negativa dell’indagato che, seppure incensurato, ha dimostrato unestrema scaltrezza nella commissione dei delitti. E questo lo dimostra il fatto che nonostante le perquisizioni nei suoi uffici, ha continuato imperterrito a commettere i delitti diventando solo più scaltro. Le esigenze cautelari quindi, secondo il Riesame devono ritenersi attuali, né le sue dimissioni le hanno fatte venir meno”.



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