Essere psicologo, la categoria avvisa:’Occhio agli abusi della professione’

La dott.ssa Sonia Maria Melgiovanni, Psicologa del Coordinamento AltraPsicologia Puglia, in un suo intervento a mezzo stampa invita a diffidare da chi si sostituisce alla categoria pur senza le giuste competenze. ‘Nessuno penserebbe di farsi sistemare i denti dall’idraulico’.

Si assiste sempre più frequentemente, oggigiorno, all’aumento di disagi e problemi psicologici. A ciò, purtroppo, l’impressione generale è che subentri, come se non bastasse, un grave impoverimento dell’offerta di servizi pubblici deputati a prendersi cura di tali problematiche. E così molte persone finiscono con l’affidare il proprio benessere psichico e la propria salute psicologica nelle mani sbagliate. A lanciare l’allarme è la dott.ssa Sonia Maria Melgiovanni del Coordinamento AltraPsicologia Puglia – Psicologa, Psicoterapeuta Specialista in psicologia clinica e psicoterapia psicoanalitica – che in un suo intervento inviato alla redazione di Leccenews24.it specifica:“Sostituirsi allo psicologo costituisce un grave reato di abuso della professione, punito dal Codice penale perché mette a repentaglio la salute del cittadino”. È preoccupante pensare, del resto, che a fronte di migliaia di professionisti psicologi in Italia ci sia chi si rivolge a figure non abilitate, a scapito della propria salute. “Nessuno penserebbe di farsi sistemare i denti dall’idraulico – scrive la dott.ssa Melgiovanni – è bene sapere chi è preposto a prendersi cura di tutto ciò che concerne i problemi della convivenza sociale, delle relazioni interpersonali, familiari, lavorative disfunzionali e fonte di malessere sia individuale che collettivo”.
 
Dal 1989 esiste in Italia una legge che stabilisce chi sia deputato a prendersi cura delle problematiche psicologiche. La 56/89 stabilisce, in buona sostanza, quali siano i requisiti per l’esercizio delle attività di prevenzione, diagnosi, abilitazione-riabilitazione e sostegno in ambito psicologico. La professione di psicologo rientra infatti tra le professioni sanitarie ed è istituito un albo professionale al quale si accede dopo una laurea in discipline psicologiche, un tirocinio pre-laurea e uno annuale post laurea da svolgersi presso strutture autorizzate. Più, infine, un esame di abilitazione. Gli iscritti all’Albo degli psicologi sono soggetti al rispetto di quanto stabilito dal codice penale riguardo al segreto professionale e a quanto previsto dal codice deontologico. Dall’art. 5 di detto codice si evince che lo psicologo è tenuto a mantenere un adeguato livello di preparazione professionale, riconosce i limiti della propria competenza ed usa solo strumenti teorico-pratici per i quali ha acquisito adeguata competenza e formale autorizzazione.
 
Mi pare che questi principi caratterizzino ciò che possiamo intendere come responsabilità – prosegue Sonia Melgiovanni – la responsabilità nei confronti di terzi, nei confronti della salute dei cittadini. Riconoscere i propri limiti è ciò che differenzia l’avere una professionalità dal non averla, chi più conosce un ambito è colui che più dubita e più si interroga sull’efficacia dei propri mezzi e delle proprie scelte operative. Chi non è iscritto a un albo professionale non è tenuto a rispettare delle norme, ma, se propone di utilizzare strumenti e tecniche riservate ad altre figure, probabilmente sarà un esempio di incompetenza, abusivismo, dunque illegalità”. In Italia si è andata delineando la figura del counselor che – sottolinea con forza la Psicologa – “si è rivelata essere sovrapponibile, nell’offerta, a quanto la legge dispone per la figura dello psicologo”. “Sono sorti diversi corsi, che vanno da pochi mesi a qualche anno, rivolti anche a chi possiede una licenza media, che propongono una formazione a un ruolo, non solo non riconosciuto, ma ora palesemente dichiarato abusivo”.
 
La sentenza del TAR del Lazio 13020/2015 ha dichiarato che l’attività di counseling si sovrappone a quella degli psicologi. Un risultato derivante da una iniziativa che ha visto più di 2mila psicologi inviare e-mail al Consiglio Nazionale dell’Ordine, successivamente, ha inoltrato istanza di accesso agli atti e ricorso al TAR verso il procedimento instaurato dall’AssoCounseling. La successiva sentenza  afferma quanto il counseling sia competenza esclusiva della professione di psicologo. “I cittadini che si rivolgono a un professionista possono verificare direttamente se questi è regolarmente iscritto all’albo degli psicologi – spiega sempre la dott.ssa Melgiovanni – se i certificati attestanti i titoli posseduti non sono visibili all’interno dello studio, è possibile verificare l’iscrizione sul sito dell’Ordine Professionale (degli psicologi o anche medici se psicoterapeuta); qualora si ravvisi l’inesistenza dei titoli necessari, oltre a scegliere un professionista abilitato, e se necessario compreso nell’elenco degli psicoterapeuti, si può procedere con la segnalazione all’Autorità Giudiziaria, in quanto l’abuso professionale è un reato penale, e all’Ordine degli psicologi regionale che si occupa di salvaguardare il diritto alla salute della cittadinanza”.
 
Ma allora, cosa possono fare gli psicologi per prevenire il ricorso a figure non abilitate? Anzitutto fornire informazioni chiare e precise ai propri clienti circa il tipo di trattamento proposto, la propria formazione, rendere visibili le proprie specializzazioni e titoli posseduti; qualora ravvisino casi di scorretta condotta, usurpazione di titolo, abusi che possano tradursi in danni all’utenza, sono tenuti a darne tempestiva comunicazione al Consiglio dell’Ordine competente; allo stesso tempo, così come previsto dall’art.8 del codice deontologico, gli psicologi non avallano con il proprio titolo attività ingannevoli o abusive. E i giovani psicologi in formazione non accettino “la connivenza dei loro docenti con altre figure, evitare di avvalorare l’azione di scuole di formazione che, oltre a formare giovani psicologi alla psicoterapia, formano allo stesso tempo chi abuserà della loro professione, quindi i counselor”.
 
Da qui, la richiesta all’Ordine degli Psicologici di praticare un’attività di corretta informazione. Ad Esempio, nel Lazio, esiste uno sportello legale per le vittime di abuso della professione psicologica.
 
Ci aspettiamo – conclude – che il nostro Ordine si attrezzi per far rispettare la categoria, la salute dei cittadini, rispondendo al proprio mandato sociale per come attribuito dalla legge”.