«Spero che queste singole esperienze possano servire come base per studi sull’utilizzo delle nuove tecnologie a favore di una fascia di popolazione così debole ma recettiva che, col suo entusiasmo, mi ha reso possibile il percorrere una sorprendente strada finora assolutamente ignota».
È entusiasta dei risultati ottenuti grazie al ricorso alla telemedicina la dottoressa Giovanna Trevisi del Distretto Socio Sanitario di Campi Salentina.
Anche in tempi in cui il Covid-19 ha messo in secondo piano tante patologie che affliggono gli Italiani e i salentini, il suo Ambulatorio di Neurologia che normalmente si articola in Neurologia Generale, Centro Cefalee e CDCD (Centro Disturbi Cognitivi e Demenze), ha funzionato benissimo. Il ricorso ad una telemedicina semplice ma vicina al paziente è stato il segreto che ha consentito a tanti malati di non sentirsi lasciati soli.
Anche Lei ha praticato la strada della telemedicina?
Dal lockdown, su iniziativa personale, ho pensato di fare ricorso all’utilizzo di visite per videochiamata dal mio cellulare, per evitare disservizi ma soprattutto per non far sentire abbandonati e soli i miei pazienti, vista anche la peculiarità della branca.
Con quali procedure?
Previo appuntamento fissato prima telefonicamente e solo per chi dichiarava il suo assenso, ho proceduto con il collegamento telematico all’ora stabilita. A visita ultimata mi sono occupato dell’invio del relativo referto sempre attraverso la stessa via.
Che risposte ha avuto dai suoi pazienti?
Tutti gli interpellati hanno manifestato il loro entusiasmo e si sono mostrati soddisfatti di questo approccio, tenendo conto anche del fatto che la visita neurologica si basa, per la maggior parte, sul colloquio e sul dialogo.
Un modo anche per non sospendere i progetti in corso
Già, perché grazie alla telemedicina ho potuto, inoltre, non sospendere il mio programma (facente parte di un circuito regionale ed iniziato nell’ottobre scorso) relativo al trattamento dell’emicrania cronica con anticorpi monoclonali (uno dei pochissimi centri che lo applica). Il mio ambulatorio ha, quindi, continuato il suo percorso garantendo ai miei pazienti, per la maggior parte fragili per età e per patologia, non solo il necessario supporto medico-specialistico ma anche quella vicinanza umana di cui essi hanno tanto bisogno.
Questa esperienza l’ha stressata o l’ha arricchita?
Questa esperienza ha dato tanto anche a me: è commovente vedere tante manifestazioni plateali di affetto e gratitudine anche se solo attraverso un piccolo, freddo schermo.