Nell’antro della dea madre. 45 anni dopo la scoperta della Grotta preistorica più importante d’Europa

Era il 2 febbraio del 1970 quando 5 speleologi salentini scoprirono la leggendaria grotta di Porto Badisco, da allora ancora nessuno è riuscito a comprendere a pieno il valore di quella spelonca.

Chi dice che proprio da lì sia passato il mitico Enea in fuga da Troia in fiamme, chi oggi racconta che in quel luogo ci sia il mare più bello d’Italia, chi si nasconde ancora dietro un dito e fa finta di non vedere la meraviglia, nonostante sia lì, a portata di mano, invisibile e preziosa. E’ solo l’attacco di un racconto breve che può cominciare.

Era il 2 febbraio di 45 anni fa quando, per la prima volta da tempi remoti e impossibili da collocare nelle categorie temporali, un essere umano entrò nel ventre della dea madre.
A Porto Badisco, marina di Otranto, è una giornata storica, 5 speleologici, appassionati di trekking e di natura, scoprono casualmente un ingresso che li conduce in pochi minuti in un antro incantato sospeso nel tempo e fregiato di stupefacenti iscrizioni primitive.

Li hanno chiamati pittogrammi. Sono disegni rudimentali, primordiali, inconsapevoli della loro portata culturale, ma per chi li realizzò estremamente concreti e significativi. Codici di significante relazione tra uomo e natura, spazio e memoria, culto e ritualità
Ci sono i cervi sulle pareti della grotta, o almeno sembrano, disegnati sui muri contorti della magnifica spelonca da mani antiche. L’inchiostro è il guano di pipistrello, abbondante nelle cavità carsiche del nostro territorio. Una albeggiante civiltà adesso si mostra, grazie ai 5 scopritori che mai deriveranno reale fortuna da una scoperta alla quale dobbiamo molto invece.

Di essi non ne sopravvive nessuno dopo 45 anni, almeno dei 5 veri, e non presunti, protagonisti di quella giornata in riva al mare che tutti, per sbaglio collettivo, chiamano Adriatico, e che invece è Jonio verace.
Lì dove la scogliera arretra al cospetto delle innumerevoli e millenarie avances del mare istigato dallo scirocco, al di sopra della più importante e profonda insenatura della costa salentina, ecco che si staglia solitaria e impenetrabile la grotta dei cervi, di cui quasi nessuno salvo pochissimi eletti, ha apprezzato l’interno.

La grotta non è parte integrante e nemmeno satellitare del sistema turistico locale, perché la sua apertura al pubblico equivarrebbe alla sua progressiva distruzione. La frequentazione odierna metterebbe infatti a serio rischio la sopravvivenza dei pittogrammi, che verrebbero irrimediabilmente compromessi. Tuttavia così com’è serve a poco, o a nulla. Averla o non averla direbbe qualcuno è la stessa cosa. Perché la scoperta è rivoluzionaria se poi resta coperta? Allora dobbiamo capire che farne.
 
La storia della riproduzione in 3D della grotta è vecchia quanto il dibattito sul destino di quel luogo. Ma adesso, dopo 45 anni, non abbiamo più nemmeno voglia di dire che siamo stanchi. Perché di tutti i destini ingiusti quello di Badisco è davvero il più singolare.



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