Troppa informazione, poca conoscenza. Bauman a Lecce:«C’è bisogno di dialogo»

L’Università del Salento ha conferito la laurea honoris causa in Lingue Moderne, Letterature e Traduzione a Zygmunt Bauman. Lo stesso professore, successivamente, ha tenuto una lectio magistralis intitolata ‘Sulle difficoltà e sul bisogno del dialogo’.

Le sfide contemporanee riguardando soprattutto confronto e integrazione. C’è sempre più bisogno di comunicare accogliendo il prossimo, sebbene la società tenda all’esclusione egoistica e, soprattutto, cinica. Innovazione e ricerca debbono scontrarsi, giorno dopo giorno, con limiti strutturali, economici, sociali. Quasi a dire, “connessi” col resto del mondo ma disconnessi nelle relazioni umane. Ed ecco che la lectio magistralis intitolata “Sulle difficoltà e sul bisogno del dialogo” del professor Zygmunt Bauman – ospitato in gran stile presso l’aula magna dell’edificio Ecotekne – sopraggiunge prontamente per scuotere le coscienze e, forse, anche le conoscenze. Una bellissima cerimonia di conferimento, quella di ieri, da parte dell’Università del Salento della laurea honoris causa in Lingue Moderne, Letterature e Traduzione.

E Lui stesso, da ”neo-laureato”, non nasconde l’emozione:«Sono toccato dall’attenzione che avete voluto dare al mio lavoro e vi sono estremamente grato per questo pensiero. Credo che questa onorificenza non abbia nulla di personale, non sia stata data a Zygmunt Bauman; infatti, l’unica cosa di rilievo che io come persona abbia fatto è a mio parere quella di avere vissuto a lungo e di avere visto più luoghi di qualsiasi altra persona, avere visto più cose e sentito più opinioni. Ritengo piuttosto che si tratti di un riconoscimento all’importanza, alla gravità e all’urgenza di alcune delle questioni a cui ho dedicato nel tempo la mia attenzione e con le quali ci scontriamo tutti oggigiorno».

«La presenza tra noi del professor Zygmunt Bauman è motivo di orgoglio, oltre che di grande emozione». Così il Magnifico Rettore Vincenzo Zara, che continua: «Guardiamo a lei, professor Bauman, come a un esempio umano e scientifico, e per gli stessi motivi vogliamo proporla come modello a queste ragazze e ragazzi, per la sua capacità di leggere e decodificare i cambiamenti, per lo spirito di osservazione, per l’analisi e la critica costantemente esercitate, per la varietà degli interessi, l’interdisciplinarità dell’approccio, l’utilizzo stesso di parole sempre più rare come “diritti” e “dialogo”».

«Vorrei dirlo con le parole di Hannah Arendt, grande filosofa del XX secolo, “viviamo in tempi bui” – prosegue Bauman – Ovviamente non sto dicendo che siamo ciechi: vediamo benissimo ciò che ci sta intorno, ma piuttosto che, come accade al buio, riusciamo a vedere solo ciò che sta immediatamente vicino a noi, ma non oltre. Inoltre, come disse Ludwig Wittgenstein, altro grandissimo filosofo del XX secolo, comprendere significa sapere come andare avanti. E questo è proprio ciò che a noi manca: la capacità di comprendere. Abbiamo a disposizione un’enorme quantità di informazione, in byte, come mai prima nella storia, ma abbiamo una minore capacità di comprendere cosa sta accadendo e cosa sta per accadere rispetto ai nostri antenati che godevano invece di una salutare ignoranza relativa».

Basti pensare, infatti, che ogni giorno vengono prodotti 2 miliardi di miliardi di byte di informazioni, ovvero un milione di informazioni in più di quanto il cervello umano sia in grado di assorbire in tutta la vita. Di conseguenza, questa enorme quantità di informazioni è paradossalmente un ostacolo per la nostra capacità di comprendere le cose. Se da un lato la quantità di informazione aumenta, dall’altra diminuiscono le nostre conoscenze. «La situazione è paradossale – sostiene Bauman – abbiamo a disposizione un’enorme quantità di informazioni, almeno in teoria; se consideriamo per esempio il numero di risposte a un singolo quesito che possiamo trovare in Google, la quantità di informazioni è praticamente infinita, se paragonata alle capacità del cervello umano».

Innanzitutto, secondo Bauman vi è il problema dell’ineguaglianza: come in un campo minato,  sappiamo che prima o poi avverrà un’esplosione, ma non sappiamo dove e non sappiamo quando. Gli esclusi non sono le persone sfruttate, ma quelle scartate dalla società. Sì, è proprio questa la nuova situazione: quella dell’esclusione, dell’essere considerati inutili, di troppo. Bauman, però, sottopone all’attenzione del pubblico presente un altro concetto: l’interdipendenza dell’umanità. «Gli strumenti in nostro possesso per un’azione collettiva efficace sono stati creati dai nostri predecessori per servire unità territoriali autonome e sovrane che noi chiamiamo Stati. Questi strumenti, per quanto non eccellenti, sono comunque riusciti ad espletare la loro funzione, ovvero sostenere l’indipendenza degli Stati. Oggi però ci troviamo di fronte a una realtà differente, basata sull’interdipendenza. Reti di dipendenza reciproca si estendono da una parte all’altra del nostro pianeta. E, ad ora, non esiste ancora una sola istituzione politica in grado di gestire la coesistenza pacifica e reciprocamente benefica tra persone».

«Chiudo il mio discorso ponendo alla vostra attenzione una domanda: è indispensabile attendere che accada una catastrofe per ammettere che la catastrofe sta arrivando? Il pensiero è raccapricciante – conclude Bauman – ma non possiamo non porcelo».



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