Autonomia differenziata, Piconese contro la secessione dei ricchi “raccoglieremo le firme”

“L’autonomia differenziata accentuerà le disuguaglianze già presenti tra il nord e il sud“. Intervista a Salvatore Piconese, componente della Segreteria regionale del PD

L’autonomia differenziata è legge. Uno dei cavalli di battaglia del centrodestra e della Lega durante la campagna elettorale in vista delle elezioni politiche del 2022 è oramai realtà dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, ma il fatto che sia stata approvata definitivamente non spegne le polemiche tra i favorevoli e i contrari.

Il dibattito tra chi sostiene che accordare maggiore autonomia alle Regioni a statuto ordinario permetterà, tra le altre cose, di migliorare i servizi dei cittadini e chi è convinto che concedere maggiore “libertà” aumenterà le disuguaglianze tra Nord e Sud, tanto da chiamare la nuova riforma la secessione dei ricchi o spacca-Italia,non si spegnerà in breve tempo. A preoccupare di più il fronte del NO, è la tutela della salute, una delle materie più “delicate” tra le ventitré definite dall’ articolo 117 della Costituzione.

Il cammino è ancora lungo. Il prossimo passo sarà quello di decidere i livelli essenziali di prestazione, degli standard che dovranno essere rispettati e garantiti. Per 14 materie – come istruzione, ambiente, salute, trasporti ed energia, per citarne alcune – sono un elemento chiave (9 – tra cui la protezione civile, il coordinamento del sistema tributario, l’organizzazione della giustizia di pace e i rapporti internazionali e con l’Ue – possono essere richieste anche immediatamente dalle Regioni).

Una volta definiti i Lep che bisogna assicurare ai cittadini in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale, le Regioni potranno richiedere alcune delle competenze che, fino a questo momento, sono state prerogativa dello Stato.

I partiti e i presidenti di molte regioni si stanno mobilitando per chiedere il referendum abrogativo.

Ne parliamo con Salvatore Piconese, storico dirigente della sinistra e attualmente componente della Segreteria regionale del PD, da anni schierato contro il progetto dell’Autonomia differenziata voluto dalla Lega.

1. Piconese, perché siete contrari all’autonomia differenziata? Eppure è stata realizzata anche grazie alla riforma costituzionale voluta dall’Ulivo, e quindi dalla sinistra, nel 2001…

È utile specificare, innanzitutto, che la riforma del Titolo V fatta nel 2001, con il Governo Amato, destò molte perplessità, già all’epoca, in molta parte del centrosinistra. Tant’è che alcuni esponenti del mondo progressista dichiararono la loro contrarietà a una riforma che passò con una ristretta maggioranza parlamentare. Ed io continuo a pensare che quella iniziativa legislativa fu un errore politico.
Sta di fatto, però, che oggi siamo di fronte ad una vera e propria controriforma che rompe l’unità nazionale sancita nella Costituzione italiana, spezza il principio di solidarietà tra le regioni e realizza, a distanza di trent’anni, il sogno bossiano della Lega Nord: la “secessione” dei ricchi del nord contro il sud e le popolazioni meridionali. Ecco siamo contrari perché la legge sull’Autonomia differenziata aumenterà i divari e le diseguaglianze tra il nord e il sud, tra le regioni italiane e tra le diverse aree territoriali, creando così un danno all’intera crescita sociale e economica del Paese.

2. Perché per il sud l’autonomia differenziata è vista come un colpo di grazia e non come un’opportunità?

L’Autonomia differenziata non è assolutamente un’opportunità per il Mezzogiorno, è, anzi, il colpo di grazia sferrato brutalmente dalla destra contro il sud. Le forze politiche che sostengono il Governo Meloni parlano, in modo improprio, di “un’opportunità che il sud deve cogliere”, ma ciò è solo una trappola semantica. Lo fanno per ingannare le popolazioni meridionali e per contenere un malcontento che sta crescendo, anche nelle regioni governate dalla destra, e che presto esploderà in un vasto movimento popolare e nazionale contro l’Autonomia differenziata.

3. I favorevoli sostengono che con l’autonomia differenziata i cittadini potranno giudicare l’operato dei Governatori, non rieleggendo quelli che si dimostrano incapaci. Non crede che sia così?

Non credo affatto che possa essere così. È un argomento, anche questo, che rientra nell’armamentario della propaganda della destra. Si tratta di una falsità che non ha nessun fondamento politico e che serve per raggirare la buona fede dei cittadini meridionali. La legge sull’autonomia, voluta dal Governo, è un’anomalia nel panorama europeo, essa, così come è stata concepita in Italia, non esiste nessun stato d’Europa. Viene introdotto un sistema di autonomia cosiddetta “differenziata” in uno stato, come quello italiano, di stampo centralista. Ciò accentuerà le disuguaglianze già presenti tra il nord e il sud, produrrà una frammentazione delle politiche pubbliche territoriali e indebolirà complessivamente il Paese, danneggiando anche le regioni del nord.

4. Qual è la sua opinione circa la richiesta avanzata dal Governatore del Veneto Zaia in merito alle “9 materie” sulle quali non è prevista la definizione dei Lep.

Penso che il ceto politico della Lega voglia al più presto portare a casa il “bottino”. La richiesta di Zaia è stata un’accelerazione politica che ha spiazzato le altre forze della destra, creando uno sconcerto tra alcuni esponenti del Governo Meloni, basti pensare all’irritazione del Ministro Musumeci o all’insofferenza dei governatori di destra delle regioni del centro-sud. In poche parole, Zaia ha fatto una richiesta esplicita a Giorgia Meloni: ha chiesto la consegna immediata alle regioni del nord di materie e di competenze che riguardano, per esempio, la previdenza complementare e integrativa, i rapporti con l’Unione Europea, il coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, delle casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a carattere regionale e enti di credito fondiario e agrario.
È una pretesa politica che avrà delle ripercussioni sul piano politico-istituzionale e sui conti pubblici dello Stato. Ma è solo l’inizio.

5. Come pensate di ‘fermare’ la legge?

Stiamo lavorando con le altre forze politiche, che stanno all’opposizione del Governo Meloni, e con tutte le forze sociali e culturali, che hanno a cuore la difesa della Costituzione e la tutela dei diritti, per avviare la raccolta di firme per il referendum abrogativo. Inoltre, porteremo la richiesta di referendum nei Consigli delle Regioni in cui governiamo. Attualmente le regioni Puglia, Campania, Emilia Romagna, Toscana e Sardegna sono riunite nel “Coordinamento regionale sull’autonomia” e stanno redigendo il testo da presentare alla Consulta. Pensiamo che l’Autonomia differenziata si possa ancora fermare, per questo sarà determinante la nascita dei comitati territoriali, aperti e plurali, in ogni città e in ogni quartiere. È necessaria una mobilitazione politica capace di organizzare, nel Mezzogiorno e in Italia, un movimento popolare e democratico per arrivare al referendum e bloccare definitivamente la legge sull’Autonomia differenziata.