Emergenza Covid nelle carceri pugliesi. Il Sappe punta il dito: “le nostre richieste sono rimaste inascoltate”

Con l’aumento del numero dei positivi al Covid19, tra detenuti e agenti di polizia penitenziaria, il Sappe torna sulla possibilità di creare un hub-carcerario

L’aumento del numero dei positivi al Covid19 nelle Carceri pugliesi non sorprende il Sappe, il sindacato autonomo di polizia penitenziaria che, da tempo, aveva chiesto a chi di dovere più attenzione per i detenuti e per gli agenti per evitare quei “focolai” pericolosi per la diffusione del virus. Una comunità “chiusa” come un istituto di pena avrebbe dovuto essere trattata come le case di cura e le residenze sanitarie assistenziali, ma stando al comunicato del Sindacato tutte le lettere scritte al Presidente della Regione, all’Assessore alla Sanità, ai dirigenti delle Asl per accendere un faro sulla situazione delicata delle Carceri, prospettando anche delle soluzioni, sarebbero rimaste senza risposta.

Un esempio? «Avevamo proposto – si legge – di attrezzare un hub anti-Covid con medici ed infermieri nel nuovo padiglione costruito all’interno del carcere di Taranto, al fine far confluire in quella struttura tutti i detenuti positivi ristretti nella regione». In questo modo, secondo il Sindacato, si sarebbe ridotto il rischio di focolai nei penitenziari, isolando fin da subito i positivi (fatto che avrebbe anche ridotto le tensioni tra i detenuti) e si sarebbe evitato il ricovero nelle strutture ospedaliere, già in forte difficoltà.

«In altre regioni lo hanno fatto con successo, perché in Puglia non si è potuto o voluto fare? Si sono inventati, invece, le zone verdi, gialle e rosse in ogni carcere che fino a quando il virus non circolava ed i positivi erano quasi inesistenti poteva andare bene, ma che ora che la virulenza si sta manifestando in tutta la sua potenza, ne dimostra i limiti, l’inconsistenza, l’incapacità organizzativa di chi ha voluto ciò, anche a seguito di mancanza di spazi adeguati» continua il Sappe.

Il fatto più grave sarebbe accaduto ieri al policlinico di Bari, dove un detenuto positivo ricoverato nel reparto Covid prima si sarebbe barricato nel bagno sfasciando tutto, poi avrebbe tentando di aggredire medici ed infermieri con staffe di ferro staccate dal letto. Non contento, avrebbe cercato di fuggire dal nosocomio. Tentativo impedito dai poliziotti della scorta che, per immobilizzarlo, sono stati investiti da sputi e pugni.

La richiesta di test a tappeto

«Avevamo chiesto test a tappeto nelle carceri poiché sono tante le persone che vi entrano giornalmente (poliziotti, operatori, assistenti, educatori, avvocati, magistrati, familiari detenuti ecc) e la sola misurazione della febbre non poteva e non può rappresentare uno strumento di controllo, unico ed efficace» continua il Sindacato.

Capitolo vaccinazioni

«Avevamo pregato – continua il Sappe – di procedere alla vaccinazione di detenuti e poliziotti il prima possibile proprio per mettere al riparo dai contagi ed in sicurezza le carceri, inutilmente». Dati alla mano, secondo il Sindacato in Puglia con quasi 3600 detenuti ne sarebbero stati vaccinati con la prima dose meno di 900 circa. Il 24%. Se in alcuni penitenziari come Bari e Brindisi la campagna di vaccinazione procede, con il 70% di detenuti a cui sarebbe stata inoculata la prima dose, a Lecce si procede a rilento.

Non va meglio sul fronte del poliziotti penitenziari vaccinati. In questo caso, a Lecce circa il 50% degli agenti ha ricevuto la prima dose. Taranto e Brindisi superano l’80% dell’organico mentre a Bari e Foggia diventano fanalino di coda con meno del 30% dei poliziotti in servizio vaccinati .

Anche alla luce della situazione attuale, il Sappe torna sulla possibilità di creare un hub carcerario anti-covid, attrezzato anche con posti di terapia intensiva, che potrebbe contenere oltre 200 detenuti.



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