«Chi fraintende è complice», le riflessioni di una studentessa leccese sul caso George Floyd

La triste storia di George Floyd ha suscitato la riflessione di una studentessa del Liceo Pietro Siciliani di Lecce che ha voluto affidare alla nostra testata parole e pensieri che fanno riflettere

Ha toccato le coscienze e il cuore il grave episodio accaduto negli Stati Uniti d’America in cui un cittadino di colore ha perso la vita a causa del soffocamento provocato dall’intervento rude e omicida di un poliziotto. George Floyd è diventato il simbolo di un’ingiustizia che si confonde con il razzismo e riapre ferite che la nostra società sperava di aver cicatrizzato per sempre.
La scena truce ha suscitato la riflessione di una studentessa del Liceo Pietro Siciliani di Lecce che ci ha inviato le sue delicate riflessioni che vogliono essere uno stimolo per tutti noi. Riflessioni che con grande piacere pubblichiamo.
«Ho sentito dire in giro che se nasci con il colore della pelle diverso da chi ti passa accanto sarai, per sempre, emarginato. Ho sentito dire in giro che la differenza la senti scivolare addosso come lacrime quando scorri tra la gente ed i loro occhi puntano su di te. Ho sentito dire che il tuo solo sbaglio può essere quello di esser nato diverso. Il vero problema non si concentra in questo, ciò che dovrebbe attirare l’attenzione è come ‘diversità’ possa essere sinonimo di ‘problema’.  Il razzismo persiste, sin dai tempi antichi, persiste e colpisce causando dolore psicologico, ancor prima che fisico.
Perché, d’altronde, le parole sono il peso che più dobbiamo riuscire a dosare, in quanto il limite non deve essere superato per forza affinché si possano distinguere le idee nocive da quelle genuine. Sarà stato che sin da piccoli c’è stato insegnato a chiudere gli occhi, passare oltre e far finta di niente. Ma a quale scopo? A cosa serve bloccare la vita di un essere umano, tenendolo stretto al collo mentre il silenzio è il grido più forte che possa essere udito? A cosa porta il negare ad una persona di colore la propria bontà d’animo? Così tante risposte, troppi pochi fatti. Ne ho sentito parlare in giro, è vero. Quello che mi ha colpita è stata la qualità, assolutamente non la quantità. La nostra società presenta alla propria base il problema della mal-comunicazione, il problema del diffondere e farlo nel modo più malvagio possibile. Credo di averlo trovato, il nemico che non si riesce a sconfiggere: l’uomo. Bisognerebbe capire che l’uomo, nella sua totale diversità, non è nato per vivere bersaglio né per essere colpito, è nato con il solo ed unico scopo di colpire. Non è necessario fraintendere, intendo dire colpire senza far male. Chi ha frainteso, è complice».