Puoi parlare di qualsiasi argomento, ma quando posti il pezzo su Facebook chi ti legge sa già tutto, non ha bisogno di leggere nulla e anche se sei il direttore del Corriere della Sera troverà il modo di correggerti o di contraddirti. I social network hanno avuto il merito di ampliare il perimetro della democrazia dell’informazione, ma sono diventati nemici giurati delle notizie.
Il titolo, ci hanno insegnato molti decenni fa, serve solo per stimolare e incoraggiare l’acquisto del giornale in edicola o, parlando di oggi, a indurre il lettore ad entrare e leggere. Ma chi legge? Nessuno, o meglio quasi nessuno. Molti, invece, commentano perché l’esigenza preponderante non è ricercare una notizia, ma sentirsi protagonisti a tutti i costi. E oggi sì può. La scena se vuoi te la prendi, scrivendo tutto quello che ti pare in calce al titolo di una notizia. Il che significa fare l’esegesi dell’Antico e Nuovo Testamento solo dopo aver letto la parola Bibbia. E i commenti validi, infatti, sono una goccia nell’oceano.
Altri tempi quando per entrare in relazione con il pubblico le testate giornalistiche inventavano la rubrica ‘lettere al direttore’ dove se eri fortunato e se il tuo scritto lo meritava godevi della pubblicazione sul giornale e della risposta del direttore, magari imparando qualcosa.