
È il social network che ha scompaginato i manuali della comunicazione politica, stravolgendone codici, premesse e obiettivi. Di più, possiamo dire che c’è un colpevole impunito, di cui tutti sono complici, che ha eliminato la comunicazione politica e stravolto le campagne elettorali. Sono i social usati e abusati dai politici, spesso imprudentemente.
Da quando sono arrivati Facebook e compagni i candidati alle pubbliche elezioni hanno pensato di mettersi in proprio e di trasformarsi in autodidatti della propaganda elettorale. Ed è stata una pessima trovata.
Prima era diverso, se volevi vincere le elezioni, oltre ai voti, ti serviva uno staff attrezzato e competente. Ci voleva un giornalista bravo, in grado non solo di scrivere ma anche di tenere e gestire le relazioni con gli organi di informazione. Era di fondamentale importanza una pubblicazione sul giornale o un’intervista in televisione se si voleva raggiungere e colpire la platea dei potenziali elettori, se si voleva ‘toccare’ il pubblico. Non c’erano altre modalità, a parte i comizi in piazza.
Oggi, invece, come in un complesso di smartworking politico a tutto tondo, la propaganda si fa a distanza, dal salotto di casa, in maniera a volte frettolosa e a volte casereccia, con i candidati che sperano che siano whatsapp e facebook a farli vincere. E invece il risultato è solo quello di confondere le idee e riempire un calderone già ribollente.
Con la scusa di voler risparmiare e fare campagne elettorali a costo zero abbiamo azzerato anche la politica e scavato un abisso tra noi e chi ci governa. E temiamo, in tutta sincerità, che le cose non siano affatto migliorate. I cosiddetti social sono dei draghi che bruciano e divorano la politica, riducendo la classe politica ad un esercito di lillipuziani. A destra come a sinistra chiamano questo sistema ‘la bestia‘ e per davvero si corre verso una bestialità impazzita.