Diciamo la verità: chi non vorrebbe avere uno zio così generoso da venire incontro ai nostri problemi economici facendoci una donazione di 800mila euro? Probabilmente di fronte a tanta ‘grazia’ gli andremmo a portare il caffè a casa tutte le mattine… Evidentemente non è dello stesso parere un nipote gallipolino che adesso, a distanza di quasi 20anni da quell’elargizione, rischia di dover restituire tutto per indegnità, visto che per il nostro ordinamento giuridico una donazione liberale può essere revocata solo in caso di indegnità del beneficiario. Abbiamo detto ‘rischia’, dal momento che nei palazzi di giustizia lo zio dovrà dimostrare la sopraggiunta indegnità del nipote mentre questi dovrà dimostrarsi estraneo, come continua a ritenersi già adesso in ogni sede, a tutte queste accuse sulla sua persona. Intanto, però, la questione è esplosa in un’importante famiglia della Città Bella e le conseguenze della deflagrazione dei rapporti si vedranno nelle aule dei tribunali visto che il tentativo di rivolgersi all’istituto della mediazione è fallito…anzi ha peggiorato i rapporti. Ma andiamo con ordine.
Nel 2000 lo zio dona al nipote 800mila euro. Ma adesso vuole i soldi indietro: ‘E’ indegno!’
Tutto comincia agli inizi del 2000, quando lo zio, venuto a conoscenza di alcuni gravi problemi di carattere economico del nipote, emette in suo favore un assegno di 1,5miliardi delle vecchie lire, pari ad oltre 800mila euro del nuovo conio. Si trattava di una donazione per aiutare il familiare invischiato in alcune problematiche di lavoro.
A distanza di oltre 20anni, adesso lo zio rivuole i soldi indietro, ‘Dopo ripetuti episodi di ingratitudine e numerose offese‘, questo noto imprenditore di Gallipoli chiede la revoca della donazione fatta nel 2000. Ma il nipote, come vedremo più avanti, nega ogni comportamento ingrato ma se soltanto la legge potrà stabilire se dovrà restituire o meno il denaro allo zio, appare indubbio che si sia giocato l’affetto e la benevolenza dell’uomo.
Cosa accade nel 2020?
Nel 2020, a quanto pare, lo zio è venuto a conoscenza ‘di reiterati episodi di ingratitudine e di assoluta indifferenza nei suoi confronti oltre che di gravi ingiurie ai suoi danni in presenza di terzi contrastanti con il senso di riconoscenza che, secondo la coscienza comune, si attenderebbe in funzione ed in conseguenza dell’importante donazione‘, perciò adesso richiede la restituzione delle somme prestate sussistendo a suo dire i presupposti per la revoca della donazione. Offese che, secondo l’imprenditore, sarebbero continuate anche dopo il naufragato tentativo di mediazione per un accordo bonario, tentativo che era stato presentato per provare a risolvere la questione alle soglie delle aule di un tribunale che ovviamente trascinerà la famiglia in una brutta contesa dinanzi all’opinione pubblica.
Ma quale è stata la causa scatenante che ha distrutto i rapporti all’interno della famiglia? Stando alla ricostruzione dello zio, accade tutto in un assolato pomeriggio di agosto. L’uomo chiede al nipote 5mila euro trovandosi adesso in difficoltà economiche e non avendo liquidità per le spese correnti e il pagamento di alcune bollette. ‘Mai prima di allora – scrivono i legali dell’imprenditore – lo zio aveva chiesto un centesimo al nipote’. Questi, alla richiesta, non solo oppone un fermo diniego ma inizia a deridere, ingiuriare e offendere l’uomo presso amici, parenti e conoscenti.
‘Pezzente’, ‘Morto di fame’, ‘Non pagherò certo le sue porcate’, ‘uno zio come quello è meglio perderlo che trovarlo’: sarebbero queste le frasi proferite dal nipote davanti a testimoni che si recano subito a raccontare tutto allo zio ingenerando nell’uomo, già prostrato dalle subentrate difficoltà economiche alle quali non era evidentemente abituato, un sentimento di offesa della propria onorabilità.
Parte da qui la richiesta al nipote di immediata restituzione di quanto donato 20anni prima . Ed ecco che entrano in campo i legali che adesso dovranno dimostrare ai giudici l’indegnità dell’uomo ad una donazione che anche formalmente non sarebbe corretta e quindi non avrebbe la giusta veste giuridica.
Cosa sostengono i legali dello zio: ‘Il nipote è indegno e la liberalità è nulla!’
‘La donazione è, a tutti gli effetti, un contratto in base al quale una parte arricchisce l’altra parte per puro animus donandi, compiendo un atto di attribuzione patrimoniale pur non essendo obbligato a farlo’. Ma dove non si dovesse dimostrare l’indegnità del nipote va subito detto che quella donazione è stata fatta in violazione dell’art. 782 del Codice Civile, dicono i legali dell’imprenditore. Ciò significa che la liberalità sarebbe nulla per assenza di forma ad substantiam, dal momento che non è stata effettuata alla presenza di due testimoni e che non è stata perfezionata con l’accettazione del donatario (atto che doveva essere notificato allo zio che aveva fatto la donazione) valendo il principio del nemo invitus donat (nessuno può donare senza consenso) e ciò anche al fine di tutelare eventuali eredi e creditori. Nella fattispecie, invece, il nipote ha preso il denaro dello zio per ripare al problema commesso nell’esercizio del suo lavoro ma non ha mai comunicato all’imprenditore la volontà di accettare la donazione.
Il nipote: ‘Tutto falso. Lo zio mi ha aiutato perchè non voleva fare brutta figura e io sono sempre stato rispettoso e riverente’
Per il nipote, però, l’atto dello zio sarebbe infondato in punto di fatto e in punto di diritto. Lo zio lo aveva sì aiutato in un momento particolare della sua vita professionale, dove a causa di un errore si era trovato in gravissime difficoltà, ma lo aveva fatto in quanto persona molto benestante che evidentemente si era sentito ‘investito da un dovere di coscienza e morale nei confronti del caro nipote‘ e così, sua sponte, senza che nessuno glielo richiedesse, aveva messo mano al portafogli e risolto la questione economica del familiare. Il nipote, in buona fede, aveva accettato la somma con cui aveva coperto il grosso scoperto bancario e tutto sarebbe finito lì con tante grazie. Anche perchè, dicono dall’entourage del nipote. lo zio era molto più che un benestante potendo contare su un patrimonio mobiliare e immobiliare milionari (in euro..).
Insomma, la cifra corrisposta dallo zio al nipote – anche se ammontante ad 1,5 miliardi di lire…- non l’avrebbe certo depauperato visto il suo patrimonio…
Il nipote si difende disconoscendo il ritratto di persona indegna. Si definisce persona morigerata, che ha manifestato nei confronti dello zio un affetto incondizionato e disinteressato, che ha avuto sempre atteggiamenti di rispetto e riverenza essendo una persona altamente sensibile. Non si riconosce nella descrizione dello zio, come maleducato al punto da essere destinatario della revoca della donazione, in quanto i valori familiari con cui è cresciuto sono quelli della umiltà e della abnegazione. Lui è cresciuto con lo zio, insieme alla madre e al padre. In maniera disinteressata ha sempre aiutato l’imprenditore in tutte le sue attività sia imprenditoriali che extraprofessionali, godendo della stima e della considerazione proprio dello zio al quale aveva fatto più di qualche regalo, a cominciare da numerose cravatte.
Ma c’è di più. Mai il nipote avrebbe denigrato lo zio, mai lo avrebbe offeso e mai soprattutto avrebbe ricevuto una richiesta di 5mila euro.
‘Appare implausibile che mio zio, visto il suo ingente patrimonio e visto il suo tenore di vita, possa avermi richiesto del denaro per il pagamento di bollette e spese correnti di sostentamento’.
‘Non passavo a salutare lo zio solo per evitare il contagio del covid’
Tutto nascerebbe – dice il nipote – dal malessere del familiare che si sarebbe sentito trascurato nel 2020. Se il nipote non è mai passato a salutare lo zio ciò, però, sarebbe riconducile ad un gesto di ulteriore benevolenza perchè il mancato saluto è stato fatto solo per evitare il contagio da covid 19, per sostenere e osservare doverosamente i buoni precetti sanitari. Forse lo zio ha percepito questo gesto di affetto come un affronto e una grave mancanza visto che era stato abituato fino ad allora a passare le vacanze con tutti i parenti di cui si cricondava nella sua residenza’.
‘Nessuna donazione, si è trattato di un’obbligazione naturale’
Riguardo poi alla richiesta di nullità della donazione, il nipote, tramite il suo legale, ritiene che se è vero che l’azione di nullità non cade in prescrizione, non si può dire la stessa cosa dell’azione di ‘ripetizione’, ovvero di restituzione ai sensi e per gli effetti dell’art. 1422 del codice civile che così recita testualemnte: ‘L’azione per far dichiarare la nullità non è soggetta a prescrizione salvi gli effetti dell’usucapione e della prescrizione delle azioni di ripetizione’. Che è pari a 10 anni. Tuttavia quella dello zio a favore del nipote non sarebbe stata una donazione ma un’obbligazione naturale. Se lo zio non fosse intervenuto ad aiutare il nipote, ‘…non intervendo si sarebbe esposto ad un giudizio sociale di riprovazione e disistima.’
Di conseguenza, in questa fattispecie, non c’è bisogno di alcun atto pubblico come per la donazione. E la restituzione delle somme è possibile solo se la prestazione è stata eseguita da un incapace’.
Insomma la vicenda si ingarbuglia e comunque vada a finire resta il dispiacere per un nucleo familiare che sembrava granitico e si sgretola. Non c’è nulla da fare, il denaro fa più danni di quanti non riesca ad evitarne e conoscendo l’atteggiamento battagliero dello zio c’è da immaginare che la questione non si risolverà in breve tempo.
