Nessuno tocchi Peppa Pig!

La riflessione di questa domenica la dedichiamo all’evento televisivo degli ultimi anni, Peppa Pig. Un cartone animato divenuto fenomeno culturale a livello internazionale.

Linguaggio, significato, interpretazione….
Tutti conoscono Peppa Pig. Nei regali di Natale, nelle calze della Befana, nelle uova di Pasqua, nelle feste dei bambini. La creatura di Astley, Baker e Davies è sempre presente. Peppa è ovunque, penetra quotidianamente nelle case dei bambini, attende al varco i nonni, mette alla prova la pazienza dei genitori.

Un autentico fenomeno, un fuoriclasse dei cartoni animati.

In questi giorni, però, circolano su internet strane e discutibili letture o interpretazioni, talvolta più satiriche che serie, sui significati e i messaggi che il cartone sarebbe in grado di rappresentare ed inviare. I famosi o famigerati messaggi subliminali? Chiediamoci. Si, anche quelli.

Sono presenti dappertutto, come mille forme a nostro uso e consumo, sono presenti nelle nuvole del cielo o maggiormente nelle macchie di umido sui muri di una vecchia casa.  Se si vuole si può trovare la faccia di un santo, o di un personaggio famoso anche nei cumuli di terra. Tutto ha una sembianza, tutto si forma in una forma, come negli alberi d’ulivo c’è l’elefante o due innamorati che si accoppiano.

Ma attenzione, voler trovare a tutti i costi in Peppa Pig un segnale di pericolo è un azzardo.
La valenza educativa si stabilisce anche dal messaggio in chiaro non solo da quello criptato, che agisce diversamente in quantità e qualità su questo o quel soggetto In più, in Peppa Pig il piano estetico è sovrapposto a tutti gli altri livelli. E’ l’estetica che crea l’etica e ne determina la funzione sociale.

In Peppa il linguaggio è semplice e di facile accesso, le storie appartengono all’esperienza più comune, la condivisione dei significati è di tipo familiare.
È  qui che troviamo una famiglia normale, se non proprio tradizionale, quantomeno diffusa, anche se molto moderna, con genitori che vivono nelle vite dei figli, che sono presenti nei giochi dei più piccoli, che sono titolari inamovibili di ogni puntata, secondo una visione ciclica e rituale dell’esistenza.

Tutto questo è molto attuale, non solo nella società anglosassone, anche da noi.
I genitori sono compagni di viaggio e di gioco, sono fratelli maggiori, guardie del corpo innamorate dell’obiettivo.

Genitori emancipati, senza ruoli stabiliti dalla tradizione, ma con tratti suggeriti dall’attualità. La figura del pater familias o del capo famiglia è del tutto inesistente o capovolta. Il padre di Peppa è un simpaticone, un po’ impacciato, mai burbero, sempre paziente, interessato, con risposte pronte, anche se talvolta inappropriate alle circostanze, come potrebbero essere quelle di un figlio. Alla pari insomma.

Egli è spesso messo in ridicolo, come avviene ad ogni padre e marito nella case di mezzo mondo ogni giorno, salvo poi sorprendere tutti con azioni eroiche tipiche di ogni papà che si rispetti.
Ma la buona notizia è che il padre c’è e c’è sempre. Non è sempre via per lavoro e non è partito in guerra, come del resto è presente sempre la madre.
Tutt’altro rispetto ai cartoni animati con i quali siamo cresciuti noi genitori.

I manga giapponesi, assolutamente meravigliosi, avevano un elemento in comune, un elemento dominante e drammatico: l’assenza dei genitori.
Anna dai capelli rossi, Heidi, Remì, Candy Candy, l’Uomo Tigre erano tutti orfani. La loro vita non sempre rispecchiava le nostre, chiuse in una rasserenante e noiosa normalità. Erano storie avventurose perché vissute nell’estrema particolarità di una dolorosa esistenza.

I cartoni animati giapponesi erano figli di una generazione di orfani. Figli di milioni di morti della seconda guerra mondiale. Le ferite del Pacifico in fiamme avrebbero caratterizzato tutta la letteratura dei successivi quarant’anni.

Peppa Pig vive in un altro mondo, scende da un altro pianeta.
Di un altro mondo sono il linguaggio e i significati.
Il primo aspetto di valutazione estetica è il tratto del disegno, lineare, grossolano, quasi primitivo, quindi maggiormente comprensibile. Il secondo è la scelta, per nulla originale, dell’antropomorfismo (le favole di Esopo e quelle di Fedro, fino alle fiabe dell’Ottocento ne hanno sfruttato la formula). Il terzo aspetto è la ciclicità della storia che si chiude in un tempo ben definito e che si riapre secondo un modello scenico ad orologeria.

Anche la ripetitività delle puntate, poche in totale rispetto alla vastità della programmazione giornaliera e settimanale, aiuta a stabilire il grado di ciclicità del fenomeno. Un fenomeno, appunto, circolare, rituale. Il motivo per cui piace ai bambini piccoli.
I bimbi fino a 5 anni di età si affidano alla ripetizione, a volte ossessiva, di parole e gesti, fanno le stesse domande decine di volte per ottenere, si spera, sempre le stesse risposte. Questa dinamica li rassicura e li rafforza nelle loro fragili convinzioni ed aiuta ad elaborare un modello di costruzione della personalità.

I dialoghi sono espressivi, corretti, didascalici, didattici. Grande merito all’elaborazione e alla decodificazione dei messaggi si deve al prezioso strumento della voce in over. Il narratore tempera gli aspetti più appuntiti dei comportamenti dei protagonisti, sfuma i sovradosaggi caratteriali e sgombra il campo da dubbi e false interpretazioni.

Ma è il linguaggio iper testuale il vero colpo da maestro dei creatori di Peppa Pig.
Chiudiamo la veloce analisi del fenomeno con la spiegazione, non a tutti chiara, del perché “a tutti piace saltare nelle pozzanghere di fango”.
Il gioco preferito di Peppa è infatti saltare nelle pozzanghere, gioco che piace a tutti, anche ai grandi (genitori, maestra, nonni).
Non dimentichiamo che Peppa è un maialino. I maiali notoriamente vivono nel fango. Ma ricordiamo anche che la scelta dell’animale antropomorfizzato è una scelta decisiva. Per la prima volta nella storia dei cartoon e dei fumetti, il protagonista è un maiale.

Il suino fra gli animali domestici e d’allevamento è quello meno usuale, meno familiare. La scelta coraggiosa consiste proprio nel dare protagonismo ad un animale che in alcune culture è addirittura considerato impuro. Le ricadute in termini antropologici, etnosociologici, razziali e culturali sono evidenti e gli effetti immediati da intuire.
Peppa, il maialino bambina, è la speranza di una società più equa e giusta, portatrice di buoni esempi a portata di prima infanzia.

Ma allora perché salta nelle pozzanghere di fango?
Chi pensa che sia solo una trovata per intrattenere il pubblico è fuori strada. Piuttosto è un mezzo per dare consapevolezza.
Peppa è un maiale. Per i maiali è normale saltare nel fango, ma il processo di antropomorfismo è un processo a responsabilità limitata in Peppa Pig.
Occhio bambini,  dice Peppa, sono pur sempre un maiale, voi non lo siete.

Sul piano della tecnica narrativa assistiamo insomma ad una pura e semplice operazione di “messa a distanza”, tecnica adoperata in campo cinematografico e largamente usata da alcuni grandi cineasti americani. La messa a distanza è il contrario dell’immedesimazione e serve come antidoto agli effetti collaterali dell’antropomorfismo, dinamica che a livello di grammatica video non è facile da decodificare per un bambino di tre anni.

Se nostro figlio dopo aver visto sette puntate consecutive di Peppa Pig venisse a dirci di sentirsi un maialino o di volerlo diventare sarebbe un guaio. E allora tanti saluti alla cara amica Peppa. Ma questo, per fortuna, non avviene.
Da genitori, vivendo anche noi la schiavitù quotidiana di Peppa, avvertiamo il bisogno di intervenire con puntualità quando Peppa e i suoi amici saltano e si inzuppano nelle pozzanghere di fango. La sola frase del narratore ci fa sobbalzare dalla sedia e ci spinge a mettere i puntini sulle i. “Noi siamo essere umani, non maialini. Noi non saltiamo abitualmente nelle pozzanghere di fango, non siamo animali”.
La nostra identità è al sicuro.

Priva di scene di violenza e di linguaggi duri, Peppa Pig accompagna la crescita dei nostri piccoli. Non sappiamo se con riscontri migliori dei nostri quando cercavamo di immedesimarci in Goldrake o Jeeg Robot d’acciaio, fra guerre, bombe, esplosioni e violenze inaudite. Eppure siamo arrivati in piedi e senza vertigini alla maggiore età, senza turbarci più di tanto per il fatto che Mazinga “ non conosce la pietà” o che “la morte batte i denti” se lo incontra.

Peppa viene da un altro pianeta e non comporta gravi controindicazioni. Salvo abusi e sovradosaggi si intende.
In più è un capolavoro di genere e i suoi autori meritano appieno il successo ottenuto fino a oggi. Con tutto il merchandising che si è venuto a creare Peppa Pig è divenuta una miniera d’oro. Probabilmente se lo merita.

Onore al merito.



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