Non provate a scaricare sul ‘sostegno’ le assegnazioni provvisorie della Scuola. L’editoriale di leccenews24.it

Il rischio è concreto: per provare a dare una risposta ai docenti che non vogliono o non possono allontanarsi dal loro territorio, a seguito delle assegnazioni del famoso algoritmo del Ministero, si ‘gioca’ sulla pelle degli alunni diversamente abili.

L’editoriale di Daniela De Salvatore*
 
Immissioni in ruolo, algoritmi, trasferimenti, assegnazioni provvisorie…

Negli ultimi giorni, molti degli amici che incontro, hanno un parente o un amico che si trova nella condizione di usare queste parole per spiegare cosa sta accadendo nelle scuole italiane e a tanti insegnanti che vi lavorano.
Insegno da 8 anni, 6 di questi su cattedre di sostegno, dopo aver conseguito la specializzazione nel 2008. Anni che ho trascorso tra le province di Venezia e Ferrara, dopo aver lasciato nel 2009 la mia terra e la città di Lecce in cui sono nata, cresciuta e dove mi sono formata.

Mi sono trasferita al nord da precaria, per lavorare, percependo lo stipendio per 10 mesi all'anno. Nonostante i disagi, la famiglia lontana, e i problemi connessi al trasferimento in luoghi che non mi appartenevano, i 6 anni trascorsi nelle province di Venezia e Ferrara hanno arricchito enormemente il mio bagaglio di esperienza e, spero, la mia professionalità.

Ciò che mi spinge a scrivere queste parole è l'indignazione per la notizia dell'assegnazione provvisoria dei posti in deroga su sostegno (una volta esauriti gli accantonamenti per i  docenti specializzati) ai docenti immessi in ruolo con la 107, ma non specializzati. Assegnazioni provvisorie, dunque, a maestri e professori che tentano disperatamente di procrastinare di un anno l'allontanamento dai luoghi di residenza che la legge 107 e il fatidico algoritmo hanno previsto e messo in atto per loro.

Chi ha dimestichezza con l'insegnamento ad alunni diversamente abili sa quanto sia delicata questa professione, sa che ogni alunno con diagnosi non solo ha bisogni educativi speciali, ma costituisce un caso unico che necessita di competenze e attenzioni superiori a quelle di un docente curricolare, poiché tante e diverse sono le diagnosi nosografiche ed eziologiche che richiedono interventi mirati, calibrati, specifici e, conseguentemente, elaborati da personale qualificato, competente, motivato.

Già in passato si sono accese polemiche sull'utilizzo strumentale che gli insegnanti facevano, delle cattedre di sostegno, meramente sfruttate per ottenere il ruolo e transitare su posto comune o su materia non appena il vincolo quinquennale decadeva.

Ora, gli insegnanti utilizzano la cattedra di sostegno per eludere una legge che ha semplicemente cercato di risolvere equamente un problema reale e incontrovertibile: la necessità di coprire i posti vacanti su tutto il territorio nazionale. 

E' assolutamente e umanamente condivisibile il disagio di chi, per lavorare, deve allontanarsi da casa e affetti, ma mi chiedo: è possibile che queste questioni debbano ricadere proprio sulla qualità dell'insegnamento che si offre agli alunni diversamente abili? E' possibile che Governo e sindacati legalizzino di fatto in alcune regioni la pratica di utilizzare le cattedre di sostegno per ottenere un privilegio? Sarebbe bello pensare che, per tali domande, ci siano risposte sensate e deontologicamente significative, tuttavia, è triste che, nonostante gli sforzi, sia proprio sugli alunni con diagnosi che debbano pesare le macchinazioni e le debolezze di tanti professionisti normodotati.
 
*docente



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