
La stagione è iniziata ed il grande villaggio vacanze dà il benvenuto ai primi turisti in arrivo. Come dopo un grande letargo, il risveglio graduale, tra una primavera che stenta e l’estate che incombe. Le spiagge si iniziano a popolare di gente, come di rifiuti ancora lì, portati dalle mareggiate. Tranquilli, anche tra le dune, nelle campagne ed in ogni dove, lo squallore dell’impegno local nel devastare la propria terra in favore di una casa vacanze da svuotare, un b&b da non dichiarare, una TARI da non versare.
Ai prezzi più alti ci siamo abituati, a ragionare sul rapporto qualità-prezzo meno. Tanto i turisti vengono sempre, e lo faranno comunque, anzi, sono abituati a costi anche maggiori, come lo sono i loro salari molto più alti di gran parte dei lavoratori del posto. Vengono sempre di più, o meglio, se ne contano sempre di più, perché prima il sommerso raggiungeva quote impressionanti, oggi nonostante ce ne sia tanto, gran parte dei flussi sono tracciati. Vengono sempre nel solito periodo: da maggio ad ottobre il 70% delle presenze. In pratica per 6 mesi l’anno aperti per ferie altrui, per gli altri 6 chiusi per ferie nostre. Forzate.
Intanto il mercato del lavoro resta tremendamente precario, salari bassi, qualifiche e specializzazioni merce rara. Le ricadute occupazionali, culturali, sociali restano al palo, come la tutela dell’ambiente e le strategie per la salvaguardia del territorio e la valorizzazione del patrimonio. Abbiamo però quella grande e spiccata voglia e capacità di organizzare eventi, fiere, sagre, concerti. Finanche il Giro d’Italia, gigantesca cornice internazionale da cui Lecce è partita ospitandone una tappa.
E poi i Santi Patroni, la Notte della Taranta, i fuochi finali di un cartellone che si ferma a settembre, come i collegamenti dell’aeroporto di Brindisi, come i mezzi del Salento in Bus, come i già scarsi servizi di informazione, accompagnamento e attività turistiche.
La promozione è solo un aspetto di un piano strategico per un territorio, da considerare, ancor di più, il posizionamento, il prodotto e quindi le offerte come destinazione, non più come meta; la governance insomma. Una strategia assente, come la visione di chi ancora non si interroga su quanto il turismo stia generando più cumuli di ricchezze che distribuzione di benessere. Gli eventi dunque ben vengano, ma occorre inserirli in una cornice strategica, validata dai numeri di un’analisi che ci indica, ad esempio, che il pernotto medio nella città di Lecce è di 2.80 contro la media nazionale di 3.10 e che il rapporto, nel capoluogo salentino, tra turisti e residenti, è di 3,97 turisti all’anno per ogni residente, un numero bassissimo, altro che overtourism.
La sensazione spiacevole di invasione e di squilibrio che avviene in tre mesi, dunque, non è riconducibile al termine abusato, e non capito da molti, di overtourism, ma dalla mancanza di governance, dei flussi, dei servizi, del mercato e delle sue stagionalità. Gli eventi, in questo, possono inserirsi come strumento e non più come fine. Organizzare fiere, settimane dedicate, festival e altre iniziative, dalla durata minima di 5 giorni, nel periodo che va dal primo novembre al 30 aprile, potrebbe sicuramente giovare molto più di quanto non facciano grandi eventi in alta stagione, per pochi giorni o addirittura per una sola notte.
