Ciliegie pugliesi: è caos prezzi e rivolta degli agricoltori. Cosa sta succedendo

Le ciliegie pugliesi diventano un caso. Meno di un euro al chilo a chi le coltiva, a Milano venti volte tanto. Gli agricoltori locali le buttano in mezzo alla strada per protesta. Un intero settore in ginocchio.

Giugno è il mese delle ciliegie, soprattutto delle ciliegie pugliesi. La regione del Sud Italia, infatti, con quasi il 40% del totale, è la principale produttrice del frutto rosso primaverile più amato dalla gente venduto a caro prezzo nelle grandi città. A Milano sono state viste in bella vista negli scaffali a 15 euro, in alcuni addirittura a 20. Così gli agricoltori locali, a cui vengono pagate un euro al chilo, meno di un caffé, non ci stanno e anziché venderle, preferiscono buttarle in mezzo alla strada.

Il caso

La protesta parte direttamente da Cia-Confederazione italiana agricoltori e dal presidente di Coldiretti Puglia, Savino Muraglia che, nei scorsi giorni, ha denunciato come l’andamento di mercato stia segnando un divario enorme tra il costo delle ciliegie pagate agli agricoltori pugliesi a meno di un euro al chilo e il prezzo di quelle vendute oggi, nei supermercati. Otto euro a Firenze, mentre a Milano si arriva a pagarne quindici volte tanto e in alcuni casi, anche venti.

Così le buttano, come successo negli scorsi giorni nella provincia di Bari, dove alcuni manifestanti hanno gettato in strada, davanti al Municipio del proprio comune e alla sede della polizia locale intere cassette di ciliegie appena raccolte e tappezzato le città con manifesti funerari sulla morte della “Ferrovia”, la varietà maggiormente coltivata nella zona.

“Oltre che un’ingiustizia palese, si tratta di una dinamica che uccide il settore, disincentivando investimenti e lavoro” spiega il presidente dell’area Levante di Cia-AiP (Agricoltori italiani Puglia), Felice Ardito.

“Siamo di fronte a un vero e proprio sfruttamento da parte delle multinazionali della Gdo a danno degli agricoltori, anche questa forma pesantissima di iniquità deve entrare nel dibattito pubblico e nell’agenda della politica”ha dichiarato anche Raffaele Carrabba, presidente regionale di Cia-Agricoltori Italiani Puglia.

Agricoltura pugliese, un intero settore in ginocchio

“Lo squilibrio tra il poco che viene riconosciuto agli agricoltori e i margini spropositati che la Grande Distribuzione Organizzata garantisce a se stessa è diventato un problema enorme, sempre più pressante e ineludibile per la politica, soprattutto in un momento di crisi epocale come quella creata dalla pandemia e dai cambiamenti climatici” continua così il presidente Carrabba.

Oltre alla crisi attuale del mercato cerasicolo pugliese, infatti, c’è da ricordare come in questi ultimi anni, l’intera produzione agricola pugliese in ogni settore sia stata letteralmente messa in ginocchio dalle varie emergenze verificatesi a partire dalla comparsa della Xylella fastidiosa, pochi anni fa.

Undici milioni di piante bruciate, almeno secondo le stime effettuate fino al 2019, con un danno economico pari al 60% della produzione olivicola, tutte a carico delle campagne salentine e del brindisino.

Anche i cambiamenti climatici dovuti al surriscaldamento globale sono un problema, con i lunghi periodi di siccità e in altri casi delle gelate che bruciano intere campagne coltivate. Un fenomeno che sta portando secondo uno studio di Coldiretti Puglia, alla nascita di un nuovo tipo di attività agricola nella nostra regione, quello cioè dei frutti tropicali come il mango, la banana e le bacche di Goji, che già dallo scorso anno hanno visto un aumento esponenziale nelle zone di terreno coltivato messe a disposizione.

La presa di coscienza

“La Grande Distribuzione Organizzata ha raso al suolo la produzione dei produttori agricoli locali già da tempo ormai.”
Come in questi giorni è esplosa la rabbia per “la morte della Ferrovia” in Puglia, così è successo anche per la produzione degli allevatori sardi, con la rivolta del latte, e ancora prima con la crisi delle arance di Sicilia.

“Dalla politica dobbiamo pretendere gli strumenti e le azioni necessarie a favorire le aggregazioni [..] A noi stessi, invece, dobbiamo chiedere un cambio di mentalità, un’apertura verso il futuro che è fatto di aggregazione” spiega ancora Carrabba.

Oppure tornare alla rivalutazione del prodotto nostrano e di qualità, “favorendo la rinascita di punti vendita e negozi specializzati per la distribuzione” come avvisa Pietro De Padova, di Cia-Dei Due Mari.

In ogni caso la questione deve arrivare sul tavolo di discussione della politica, per garantire ai locali la sopravvivenza della propria attività, della propria casa e delle proprie radici.



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