Ricercatori precari nell’Università, Cobas: “Il piano Gelmini non ha funzionato, serve più coraggio”

Cobas Unisalento da i numeri sui ricercatori precari nelle Università: “Per porre rimedio ad una situziazione disastrosa serve più coraggio”

All’Università chiediamo più coraggio”, a dichiararlo è Manfredi de Pascalis, responsabile di Comitati di Base della Scuola, Università e Ricerca dell’Università del Salento che, nella conferenza stampa di questa mattina presso il Rettorato, ha tenuto un intervento sul tema “ricercatori precari nell’Università: situazione locale e nazionale”. Nella sede di Piazzetta Tancredi ha illustrato la situazione “disastrosa” dei ricercatori italiani, frutto di “scellerate politiche di sotto-finanziamento”.

Al centro dell’attenzione, dunque, il precariato dei ricercatori che in seguito alla riforma Gelmini sarebbero aumentati considerevolmente. A pagare le conseguenze di quel lontano 2010 sarebbero i ricercatori che, nell’ultimo decennio, avrebbero visto la loro posizione complicarsi di molto. La legge che porta il nome dell’ex Ministro dell’Istruzione ha abolito la figura del ricercatore a tempo indeterminato, scorporandola in due nuove figure. I ricercatori a tempo determinato di tipo A (Rtda), con un contratto di 3 anni estendibile di altri 2, possono diventare ricercatori a tempo determinato di tipo B (Rtdb), che invece possono aspirare alla posizione di professore associato.

I dati mostrano una situazione difficile 

Già in occasione del precedente incontro dell’11 febbraio, il Cobas Unisalento aveva messo a disposizione del rettore Vincenzo Zara e del senatore Mario Turco, i dati rilevati sullo stato occupazionale dei ricercatori a livello locale e nazionale. La ricerca a firma di Elisa Rubino e di Francesca Lionetto, entrambe ricercatrici presso il polo salentino, mette in luce gli effetti di quelle che, a loro dire, sono “politiche scellerate”.

Dal 2010 al 2018, sono stati assunti all’incirca 7400 Rtda che hanno garantito, tra l’altro, la didattica dei corsi di laurea e la ricerca. Nel 2018, quelli che risultano in servizi son 3907, il 40 per cento dei quali si è anche abilitato a professore associato (la legge lo richiede solo ai Rtdb). In questo arco temporale son stati banditi 4402 posti di Rtdb, con una distribuzione geografica molto sfavorevole per il Sud. Questi sono gli unici ad accedere alla posizione di professore Associato per legge.

Al polo salentino, invece, nello stesso lasso di tempo sono stati assunti 86 Rtda e 32 Rtdb, di cui solo 14 con finanziamenti dell’Ateneo. Nel 2019, gli Rtda sono passati dai 66 dell’anno precedente a 21, ma in effetti solo 8 di loro sono diventati Rtdb. 45 ricercatori sono stati, dunque, espulsi dall’Università.

A complicare ulteriormente il quadro, i ricercatori che toccano i 12 anni di precariato sono esclusi per sempre dal mondo dell’università.

Cosa è necessario fare secondo Cobas

“Sul piano nazionale riteniamo siano necessarie alcune misure: aumento dei fondi di finanziamento delle Università con riequilibrio delle risorse a favore di quelle più svantaggiate; riforma del reclutamento e della legge Gelmini con cancellazione del precariato dei ricercatori; investimenti per avanzamenti di carriera e assunzioni di personale docente e tecnico amministrativo, per il diritto allo studio e per i Dottorati di ricerca; per il personale tecnico amministrativo un rinnovo contrattuale che sani le perdite subìte nei 9 anni precedenti, cui si aggiungono i tagli al salario accessorio”.

Una situazione difficile che necessita di una soluzione immediata, a cui la Regione e il Governo dovrebbero prestare maggiore attenzione.