Contro lo sblocco dei licenziamenti e per la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario, per aumenti salariali forti, per un salario medio garantito per i disoccupati, per un sistema unico di ammortizzatori sociali al fine di garantire la continuità del reddito, per la rivalutazione delle pensioni, contro i ricatti e le sospensioni del reddito, per l’abrogazione del Jobs Act e dei contratti precari, per il rilancio degli investimenti pubblici in sanità, trasporti, scuola, casa, contro lo sblocco degli sfratti, per un nuovo piano di edilizia residenziale pubblica, per il rafforzamento degli organi ispettivi (Ausl, Ispettorato, ecc.) e del ruolo delle Rls, per garantire una vera sicurezza sul lavoro e combattere gli infortuni, per la lotta contro i grandi evasori, contro ogni discriminazione di genere e di razza, per la tutela dell’ambiente, blocco delle grandi opere speculative, contro la repressione degli scioperi e delle lotte sociali e per una vera democrazia nelle aziende.
Erano tante, tantissime le ragioni che hanno indotto le lavoratrici e i lavoratori del Cobas a scendere in piazza nella giornata di oggi in 30 città italiane. L’attacco al Governo Draghi è forte e diretto e non la prende alla lontana. All’esecutivo si rimproverano scelte per nulla sociali che non solo non hanno migliorato le condizioni di vita degli Italiani ma le hanno perfino peggiorate.
Anche sulla lotta al Covid il Cobas rimprovera Draghi. Se è vero che la campagna vaccinale sta funzionando è altrettanto vero che è impendabile di risolvere un problema così complesso solo e soltanto con il green pass, senza porre in essere tutta una serie di interventi che aiuterebbero i cittadini lavoratori.
“Soprattutto su questo si sono addensate le proteste – scrivono nella nota i sindacalisti -, su quanto non è stato fatto in primo luogo nei tre settori-chiave della vita associata: la scuola, la sanità e i trasporti”.
Per la scuola nessuna delle richieste avanzate dai Cobas è stata accolta dal Governo: non la riduzione del numero di alunni per classe, non l’aumento delle aule, non la stabilizzazione dei precari docenti ed Ata per garantire più personale per le classi, non i presidi sanitari nelle scuole.
La stessa cosa vale per la sanità, dicono dai Cobas. Il personale non è aumentato, così come non è cresciuta quella medicina territoriale che può garantire un’assistenza che non intasa gli ospedali, se non nelle forme davvero gravi della pandemia.
“E altrettanto clamorosa – concludono i sindacalisti – l’assenza degli interventi nei trasporti urbani, il cui parco vetture avrebbe dovuto essere significativamente aumentato per evitare le carrozze- “bestiame” con centinaia di persone ammassate a massimo rischio contagio: processo che andava accompagnato dalla piena ripubblicizzazione del trasporto”.