Il griko e la Grecìa, storia di un’identità. Primi ciak a Soleto per “Lingua madre”

Edoardo Winspeare è il produttore del cortometraggio “Lingua madre” del giovane regista Giuseppe Omara Schimera. Il film sarà girato interamente a Soleto, in uno dei centri storici più belli del Salento

Soleto trasforma il suo bellissimo centro storico in set cinematografico e la Grecìa Salentina, culla di cultura, antica e presente, diventa una star da red carpet.

Primi ciak per Lingua madre, un cortometraggio con la regia di Giuseppe Omara Schimera, prodotto con il supporto dell’Apulia Film Commision dalla Saietta Film, la casa di produzione di Edoardo Winspeare e Gustavo Caputo.

Il film è un’opera prima del giovanissimo Giuseppe Omara Schimera, salentino doc che rivendica con orgoglio i natali nella “sua “ Africa. Giuseppe, infatti, è figlio di un medico che insieme alla moglie era partito in missione. Per questa missione papà Schimera aveva scelto l’Uganda. Ed è li che Giuseppe nasce 25 anni fa.

Da tempo nel Salento, Giuseppe Schimera sembra quasi incredulo per questo ruolo da “grande” che ha sul set. L’esperienza di Edoardo Winspeare lo tranquillizza, così come essere circondato da uno staff dalle indiscutibili professionalità.

Lingua madre è ambientato in un paese della Grecìa Salentina. Giuseppe ed Edoardo hanno scelto Soleto e il suo centro storico, uno dei più interessanti sotto il profilo storico-architettonico. Un nucleo antico ancora abitato nel quale respirare l’aria semplice dei piccoli borghi, qui rimasta immutata.

La Grecìa Salentina

Alla stregua del resto dei comuni  salentini, Soleto conserva le testimonianze del passaggio di numerosi popoli che sono giunti nel Salento apprezzandone la posizione strategica rispetto ai Balcani e alla Grecia.

Molti popoli cercarono di sfruttare questo estremo lembo della penisola come ponte tra Oriente e Occidente: Saraceni e Bizantini, nonché Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini e Aragonesi. Le informazioni in campo archeologico, numismatico e documentale sono sufficienti a testimoniare ondate migratorie dalla Grecia verso il Salento succedutesi nella storia millenaria.

Da Rohlfs a Pasolini

Nel corso dei secoli, sono stati molti gli studiosi che hanno guardato al Salento e, più in particolare, all’area grecofona della Grecìa Salentina. In quest’area la lingua parlata era il griko.

La storia narra, però, di epoche in cui i regimi imperanti tolleravano a fatica le minoranze linguistiche.

Gli studi linguistici di Gerhard Rohlfs, filologo e glottologo tedesco, autore del Vocabolario dei dialetti salentini, si sono rivelati fondamentali per il recupero di queste minoranze linguistiche. Le ricerche del filologo hanno lasciato ipotizzare un’origine magno-greca delle componenti giunte fino a noi, risalente all’ellenizzazione della penisola, in netta contrapposizione agli studi orientati a far risalire i greci di Terra d’Otranto all’epoca delle immigrazioni bizantine.

Un altro studioso in tempi più recenti è stato Pier Paolo Pasolini il cui amore per la Grecia e la Grecìa è amore ben noto. Pasolini tornò spesso nel Salento per studiare e approfondire la conoscenza dell’area  della Grecìa Salentina e del dialetto griko. Nel 1960 Pasolini scrisse i testi di “Stendalì” un interessante film-documentario di Cecilia Mangini sui canti funebri tipici della Grecìa.

Il griko e la Grecìa. Storia di appartenenza e identità

Grazie all’interesse del mondo della cultura, dunque, si è evitato il processo devastante e irrimediabile della perdita di identità di questo territorio e del suo idioma. Tali iniziative, intraprese nel secolo scorso, hanno portato il griko al riconoscimento da parte dello Stato Italiano come minoranza linguistica ed etnica.

Lingua Madre nasce da un progetto di Giuseppe Schimera e Edoardo Winspeare come omaggio al griko e alla Grecìa. Il cortometraggio vuole raccontare la tragedia del griko che come tutte le minoranze linguistiche ha vissuto i periodi di oblio cadendo in disuso a causa di convenzioni sociali che ritenevano i dialetti sconvenienti e inappropriati per le classi più colte.

A Soleto, all’ombra di uno dei campanili più importanti d’Italia, la ‘Guglia’ di Soleto che qualcuno chiama ‘guglia di Raimondello’, incontriamo il regista Giuseppe Omara Schimera che ci attende sul set.

Giuseppe, che proviene dalle scuderie di Passo Uno Produzioni, ha fatto la gavetta come editor e montatore. Il cinema è la sua passione, lo si legge nel suo sguardo vivace, misto di sogni e ambizioni.

La trama non si racconta mai, ma qualche piccola anticipazione gliela chiediamo comunque.

Come mai, Giuseppe, un film sulla Grecìa?

Lingua madre è un progetto cinematografico che ha vinto un bando Interreg Italia – Grecia. Ciò che abbiamo voluto fare è accendere un faro su un territorio con una storia che nasce da lontano, che trae origine dalla culla della civiltà, la Grecia.

Il territorio della Grecìa Salentina ha un fascino che è nei suoni di una lingua che non può scomparire. Cosa ti ha colpito di più di questo territorio?

Mi ha colpito il racconto della gente, di quello che ha significato in passato appartenere ad un’area con un dialetto come il griko, dovendosene però vergognare. Alcuni mi hanno raccontato che nel secolo scorso i bambini venivano addirittura minacciati per obbligarli a parlare l’italiano. Mi hanno colpito queste persone che malgrado tutto sono rimaste fiere di appartenere a questa terra, ricca di storia e di cultura.

Giuseppe, sul set c’è un attore che è un ragazzino di colore. Qual è il messaggio di Lingua Madre?

Lingua madre è un film che vuole rafforzare i legami nella comunità. Il messaggio è quello di appartenenza e di identità. Che non vuol dire per forza essere nato in un luogo; vuol dire condividere una lingua, un territorio.

Ci congediamo da Giuseppe con la certezza che contaminarsi con le emozioni e con i sogni sia il segno più profondo dell’appartenenza.



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