Tumori in Salento: polveri sottili e industria pesante, ecco cosa sta facendo ammalare il nostro territorio

Nuove rivelazioni dal Cnr di Lecce sull’alta incidenza tumorale diffusa in tutta la penisola salentina. Reso noto uno studio realizzato dal Consiglio Nazionale delle Ricerche in partnership con l’Università del Salento.

Ci si continua ad ammalare di tumore in Salento e, nonostante le nuove terapie sembrino essere riuscite ad abbassare il tasso di mortalità, quella del cancro pare essere una piaga che il nostro territorio non riesce proprio a scrollarsi di dosso.
 
Recenti studi effettuati dal Cnr di Lecce, inoltre, hanno ancor più fatto luce sulla la stretta correlazione fra l’alto tasso di polveri sottili presenti nell’atmosfera e gli effetti che queste hanno sul nostro organismo. Nello specifico, le analisi, condotte dall’Osservatorio Climatico-Ambientale del capoluogo lupiense sotto la guida di Daniele Contini, si sono concentrate sulle modalità in cui il “potenziale ossidativo” delle particelle agisce a livello cellulare.
 
“Il particolato atmosferico ha effetti negativi sulla salute – ha spiegato Contini – gli esatti meccanismi della tossicità del particolato non sono ancora del tutto noti, seppure risulta una correlazione tra le proprietà chimico-fisiche del particolato e la sua tossicità. Recenti studi evidenziano che le 'Reactiveoxygenspecies' (ROS), presenti nelle particelle, oppure generate attraverso reazioni chimiche catalizzate dal particolato atmosferico, possono causare effetti dannosi a livello cellulare”.
 
Lo studio del Cnr, realizzato in collaborazione con l’Università del Salento,ha preso in esame, in modo particolare, tre differenti tipologie di campioni: quelli standard, ovvero quei campioni con una composizione chimica tipica dell’area oggetto di ricerca,quelli ad alto contenuto di carbonio prodotto dalla combustione di biomasse, dal traffico automobilistico e dall’industria pesante e quelli in cui sono state riscontrate particelle riconducibili alle polveri provenienti dall’Africa sahariana. “C’è una grande differenza – prosegue il ricercatore – fra le polveri del deserto (saharadust) che arrivano nel Salento a seguito delle tempeste di sabbia e le polveri emesse dalla combustione di biomasse o del carbone, per esempio, nella centrale di Cerano. I risultati mostrano che, durante gli eventi di trasporto di polveri africane, si hanno grandi incrementi di concentrazionema il potenziale ossidativo rimane comunque simile a quello tipico. Mentre, nel caso di sorgenti di combustione, si ha un forte incremento del potenziale ossidativo. Questo mostra che le diverse sorgenti producono particolato che ha proprietà ossidative molto diverse e che negli studi epidemiologici si dovrebbe tenere conto non solo dell’incremento di concentrazione osservato a causa di una specifica sorgente ma anche di un indicatore quantitativo diretto del rischio sulla salute come ad esempio il potenziale ossidativo. Questo permetterebbe una migliore interpretazione dei dati di qualità dell’aria e dell’esposizione dei cittadini a sostanze potenzialmente dannose per la salute. Per riuscire a capire le dinamiche di interazione fra particolato e tossicità – conclude Contini – abbiamo bisogno di dati più estesi. Infatti stiamo presentando dei progetti per estendere questo studio a diversi siti e località e quindi tirare le somme”.
 
Luca Nigro



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