​Operazione Staffetta: anche gli altri due indagati fanno ‘scena muta’ davanti al giudice

Si sono svolti in mattinata gli interrogatori di garanzia di Georgia Bagordo, 21enne di San Pietro Vernotico finita ai domiciliari perché all’ottavo mese di gravidanza e di Alberto Mangeli, 50enne di Squinzano ricoverato nel reparto di malattie infettive dell’ospedale brindisino.

Dopo il silenzio dei sette indagati finiti in carcere nell'ambito dell'operazione investigativa "Staffetta" anche gli altri due decidono di fare "scena muta" innanzi al giudice. Si sono svolti in mattinata, infatti, gli interrogatori di garanzia di Georgia Bagordo, 21enne di San Pietro Vernotico, incensurata e finita ai domiciliari perché all’ottavo mese di gravidanza e di Alberto Mangeli, detto “Roberto”, 50enne di Squinzano ricoverato nel reparto di malattie infettive dell’ospedale di Brindisi, il quale è stato sentito per "rogatoria". Entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, dinanzi ai gip Simona Panzera e Tea Verderosa (del Tribunale di Brindisi). La Bagordo è assistita dagli avvocati Ladislao Massari e Andrea Capone, mentre Mangeli dal legale Santo Guerrieri.
 
Ricordiamo che già ieri, nell'aula bunker di Borgo San Nicola, erano iniziati all'interrogatorio di garanzia di sette componenti del gruppo criminale del Nord Salento, finiti in carcere.  Alessio Fortunato, 32 anni; Emilio Scozzi, 24enne di Squinzano, Fabrizio Mangeli, 48enne di Squinzano, Fausto Poso, 32enne di Squinzano, Marco Maddalo, 32enne di Trepuzzi, Marco Rapanà, 29enne di Squinzano considerato il braccio 'armato'  Raffaele Rapanà , 23 anni di Squinzano si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, dinanzi al gip Simona Panzera.
 
Gli indagati sono assistiti dagli avvocati Andrea Starace, Stefano Prontera, Ladislao Massari, Andrea Capone, Antonio Savoia.
 
In base agli accertamenti investigati effettuati  dai carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo, tutto ruotava intorno ad un cellulare gestito a turno dai componenti di un gruppo criminale, capitanato da Alessio Fortunato. Il numero telefono serviva per ricevere le ordinazioni di cocaina, raramente di eroina. Chi riceveva l’ordine aveva il compito di smistare la richiesta agli spacciatori. Un sistema «a cascata» che permetteva di soddisfare fino a cento richieste al giorno e coprire interamente il triangolo compreso tra Trepuzzi, Campi Salentina e Squinzano.
 
L’operazione, denominata «staffetta», ha portato all’arresto di nove persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione per delinquere finalizzata al traffico e alla detenzione ai fini dello spaccio di sostanze stupefacenti. Altre 23 persone, sono state indagate a piede libero per favoreggiamento. Non avrebbero collaborato alle indagini per paura di ritorsioni.
     
L’indagine ha preso il via dopo l’evasione di Fabio Perrone dall’ospedale ‘Vito Fazzi di Lecce’. Tra le numerose intercettazioni telefoniche, finalizzate a trovare qualche indizio utile ai militari per scoprire il nascondiglio di "Triglietta", gli investigatori hanno notato un’utenza telefonica che ricorreva spesso.  Era il “cellulare di servizio” utilizzato, come detto, per gestire un vorticoso giro di spaccio. La conferma ai sospetti è arrivata dalle dichiarazioni (spesso frammentarie e contraddittorie) degli assuntori ‘fermati’ in questi mesi. Inoltre gli inquirenti si sono avvalsi, in fase d'indagini, delle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Antonio Pierri



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