
Si conclude con l’assoluzione di tre imputati il processo di Appello sull’assegnazione di un alloggio popolare alla madre del boss Antonio Pellegrino. La Corte (Presidente Nicola Lariccia, a latere Silvana Botrugno, relatore Francesco Aliffi) ha ritenuto l’ex sindaco di Squinzano Gianni Marra, 56 anni, non colpevole, “perché il fatto non costituisce reato”. In primo grado, era stato condannato, con rito abbreviato, a 4 mesi per il reato di abuso d’ufficio e assolto per il falso.
I giudici hanno assolto, così come in primo grado, Roberto Schipa, 60 anni, all’epoca comandante della Polizia Municipale e lo stesso Antonio Pellegrino, 43enne.
In precedenza, il vice procuratore generale Nicola D’Amato ha invocato 2 anni per Marra con le accuse di abuso d’ufficio e falso. Non solo, anche la condanna per Schipa e Pellegrino a 1 anno e 8 mesi per il solo falso. L’appello era stato avanzato dai pubblici ministeri Antonio Negro e Guglielmo Cataldi. Non solo, anche dalla difesa di Marra che invocava l’assoluzione.
Ricordiamo che il processo di primo grado si era concluso con ben cinque assoluzioni ed una condanna. Al termine del rito abbreviato, il gup Toriello aveva assolto, oltre a Schipa e Pellegrino, anche Lino Gabriele Lagalla imprenditore squinzanese, l’allora Presidente del Consiglio Comunale, Fernanda Metrangolo ed il figlio Carlo Marulli (rispettivamente zia e cugino di Lagalla) .Era stato invece condannato, come detto in precedenza, solamente l’ex sindaco Gianni Marra.
Gli imputati rispondevano, a vario titolo ed in diversa misura, dei reati di abuso d’ufficio, corruzione in atti d’ufficio, falso ideologico e materiale. Tutti risultavano già indagati nell’operazione “Vortice Dejà-vù”, ma la Procura decise di aprire un fascicolo a parte, incentrato sui presunti rapporti tra mafia e politica nel Comune di Squinzano.
La Procura leccese sosteneva come Marra e Schipa avessero agevolato il boss squinzanese Antonio Pellegrino ad ottenere un alloggio popolare, superando tutti in graduatoria. Ciò sarebbe avvenuto ‘grazie’ ad una relazione falsa redatta dal Comandante dei vigili urbani in cui si certificava che la mamma di Pellegrino, in cura presso il Centro di Igiene Mentale, viveva con il figlio in condizioni disagevoli.
Gli inquirenti ritenevano poi che l’allora Sindaco fosse a conoscenza di quale fosse la reale situazione e avesse così ‘requisito’ una delle case per darla a Pellegrino. Il gup Toriello ha riconosciuto a Marra le attenuanti generiche e il beneficio della sospensione delle pena. L’ex Sindaco è stato comunque assolto per i reati di falso ideologico e materiale. Marra e Schipa hanno scelto di essere giudicati con l’abbreviato condizionato all’ascolto di alcuni testimoni.
Durante l’udienza preliminare, il boss Antonio Pellegrino ha detto di non aver mai dichiarato il falso, sulle reali condizioni di salute della madre. Difatti, esisterebbe una documentazione a sostegno di questa tesi. Anzitutto del medico di base, ma anche di un altro dottore che aveva eseguito una Ctu (Consulenza tecnica d’ufficio), in sede di contenzioso del lavoro, per la pensione della madre. Sarebbe, dunque, risultato già nel 2005, come la signora Pellegrino avesse diritto al pensionamento ed all’indennità d’accompagnamento, accertando un’invalidità del 75%.
Invece, l’ex sindaco Gianni Marra e Roberto Schipa, in qualità di comandante della Polizia Municipale hanno affermato dinanzi al giudice Toriello di avere preventivamente comunicato la richiesta avanzata da Pellegrino alle autorità competenti, quali Prefetto, Carabinieri e Autorità Giudiziaria. Dunque non si sarebbe configurato alcun reato di abuso d’ufficio e avrebbero agito “alla luce del sole”.
Marra e Schipa sono difesi dagli avvocati Paolo Spalluto, Giuseppe De Luca e Pasquale Caracciolo. Pellegrino è assistito dall’avvocato Elvia Belmonte
In merito all’altro episodio, secondo la tesi della Procura, la Metrangolo, all’epoca Presidente del Consiglio Comunale, avrebbe fatto approvare dall’Assise una delibera che iscriveva come “fuori bilancio” il debito del nipote, consentendo così all’imprenditore di ottenere il denaro in poco tempo, per alcuni lavori eseguiti nel 2009. Lagalla, a sua volta, avrebbe “ringraziato” con una tangente da circa 2.500 euro, versata a Marulli.
Fernanda Metrangolo e Carlo Marulli sono difesi dall’avvocato Francesca Conte. Lagalla è difeso dal legale Antonio Savoia. Riguardo queste tre posizioni, la Procura non ha impugnato la sentenza di primo grado.
Fernanda Metrangolo venne rimossa nell’aprile scorso dalla carica di consigliere comunale di Squinzano, a seguito del decreto del ministro dell’Interno Angelino Alfano. Una connivenza” mafiosa” fu rilevata durante la campagna elettorale delle elezioni del 26 e del 27 maggio del 2013. La relazione finita sul tavolo del ministro, faceva riferimento anche all’inchiesta sul presunto abuso di ufficio di cui rispondevano gli imputati.